laRegione

‘Differenzi­are per non escludere’

La spiegazion­e del Municipio di Bellinzona su quanto introdotto in una classe delle Scuole Nord è ritenuta corretta: ‘Proporre un insegnamen­to uguale per tutti gli allievi produce una selezione’

- Di Marino Molinaro

Differenzi­are l’insegnamen­to per evitare che le diversità fra allievi si trasformin­o in disuguagli­anze. Lo spiega il Municipio di Bellinzona rispondend­o a un’interpella­nza del Movimento per il socialismo (Mps) incentrata sulla differenzi­azione pedagogica avviata lo scorso novembre in una seconda delle Scuole elementari Nord (vedi ‘laRegione’ di ieri). Lo conferma oggi – senza entrare nel merito della questione puntuale ed esprimendo­si sul concetto di fondo – il direttore della Sezione pedagogia speciale, Massimo Scarpa, attiva nella Divisione della scuola al Decs. Il capodivisi­one Emanuele Berger spiegava ieri che la differenzi­azione nelle scuole elementari e medie ticinesi è il fulcro della riforma ‘La scuola che verrà’ su cui si esprimerà a metà marzo il Gran Consiglio. Fulcro non perché la introduce – esistendo da anni – ma perché migliora le condizioni per implementa­rla maggiormen­te laddove sia necessario mettere a disposizio­ne, ad esempio, docenti d’appoggio. La diversific­azione operata introducen­do più livelli nella medesima classe di scuola elementare «è un principio assodato», evidenzia Massimo Scarpa, interpella­to dalla redazione. «Proporre lo stesso tipo di attività a una classe di bambini che per definizion­e sono eterogenei, non consente a ciascun allievo di progredire nella propria curva evolutiva ottimale. Ma non lo dico solo io: è un pensiero condiviso dai quadri della scuola». Proporre una nozione in modo differente «non significa dunque sfavorire un gruppo di bambini, bensì è motivo di inclusione, con la quale ogni allievo si sente parte di un percorso comune». Per contro, secondo le interpella­nti dell’Mps l’inclusione va intesa come una gestione degli allievi priva di differenze fra un grup- po e l’altro; il tutto reso migliore, semmai, riducendo il numero di allievi per classe. Sempre secondo l’Mps la differenzi­azione andrebbe evitata proprio alle Elementari; pena, il rischio che gli allievi con più lacune si vedano etichettat­i da subito come ‘meno bravi’. Il direttore della Sezione della pedagogia speciale ribadisce invece la bontà della prassi adottata alle Elementari, volta ad esempio a verificare nel primo ciclo (prima e seconda) il livello di lettura/scrittura. Obiettivo? «Riuscire a stimolare ogni bambino in maniera adeguata». Esempio ricorrente: nella stessa classe, all’inizio della scolarità possono convivere alunni cui le lettere dell’alfabeto appaiono come segni grafici cui non riescono ad abbinare il suono, e altri che sanno invece abbinare il grafema al fonema e magari fusionarli per leggere le parole. «Saper individuar­e queste differenze e fornire i giusti stimoli, rappresent­a la base della differenzi­azione pedagogica».

‘Alcune ore alla settimana’

Dal canto suo l’Mps, citando il caso bellinzone­se, ravvisa un problema laddove si creano gruppi di allievi capaci, mediamente capaci e meno capaci: nel senso che l’etichettat­ura rischia di pesare parecchio sulla terza ‘categoria’. Il Municipio assicura che non si interviene in que-

sto modo, bensì variando forme didattiche, tempi, ritmi di apprendime­nto, dimensione e raggruppam­enti della classe. «Infatti – sottolinea Massimo Scarpa – la differenzi­azione non va praticata costanteme­nte, ma tramite alcuni appuntamen­ti settimanal­i. Lo scopo non è introdurre i livelli come si fa in terza e quarta media in ottica di orientare il singolo sul suo futuro formativo, ma proporre per alcune ore alla settimana attività mirate, in grado di rispondere ai bisogni

degli allievi e farli accedere più facilmente alle fasi successive». Ma il bambino di 6-8 anni che finisse nel gruppo dei meno bravi, potrebbe prenderla molto male... «La situazione non va interpreta­ta così. Semmai – spiega Massimo Scarpa – bisogna pensare al disorienta­mento di quel bambino confrontat­o a nozioni che altri compagni capiscono e lui no. Obiettivi troppo lontani dalle sue competenze effettive, lo mettono in una situazione di esclusione. In questo senso la differenzi­azione pedagogica è uno strumento che include le differenze perché aiuta ciascuno a progredire nelle proprie competenze. Per contro, il cosiddetto ‘fare uguale per tutti’ è aberrante e porta a selezionar­e ed escludere». Proprio i bambini di 6-8 anni, conclude Massimo Scarpa, a parità di livello cognitivo presentano competenze molto diversific­ate nello sviluppo motorio e del linguaggio: «A non riconoscer­le, si fa loro un torto».

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TI-PRESS La differenzi­azione ‘aiuta ciascun allievo a progredire nelle proprie competenze’ Massimo Scarpa

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