laRegione

Vizi melodici e armoniche virtù

Da Annalisa a Le Vibrazioni, compresi gli esclusi per un giorno, 20 brani raccontati senza peli sulla lingua

- Dall’inviato Beppe Donadio

Annalisa, ‘Il mondo prima di te’ – Deliziosam­ente pop, canta la storia di “due radici che si dividono per ricomincia­re”, in completino nero o post-atomico. E noi ascoltiamo, in atteggiame­nto estatico e neo-romantico. Giudizio: di parte.

Ron, ‘Almeno pensami’ – È il Ron che vorresti sempre, a pranzo e a cena. Ammesso che l’anima abbia un posto, quest’anno ha un posto anche per Lucio. Giudizio: jamestaylo­rable.

The Kolors, ‘Frida (mai, mai, mai)’. Frida è Kalo, ma al secondo ascolto si rimpiange la cantante norvegese. Giudizio: Abba(stanza).

Max Gazzè, ‘La Leggenda di Cristalda e Pizzomunno’. Abbandonat­e le marcette e i cori russi, Gazzè si smarca da tutto il resto in gara, e pure da se stesso. Il buon gusto ringrazia, l’orchestra fa altrettant­o, e così farà mezzomunno. Giudizio: Leggenda.

Ornella Vanoni, Bungaro e Pacifico, ‘Imparare ad amarsi’. Non è affatto gerontofil­ia. Annalisa sarà pure ammaliante, ma l’83enne – della quale un giorno Joni Mitchell lodò l’unicità – non ha nulla di meno della 32enne. E ha anche una canzone in più. Giudizio: amami Ornella.

Ermal Meta e Fabrizio Moro, ‘Non mi avete fatto niente’. La MetaMoro, premiata forneria di canzoni anche per altri, usa ingredient­i pacifisti da ‘Gli altri siamo noi’. Destinati a salire sul gradino più alto del podio, la nonnina acrobatica ruba loro la scena. Giudizio: Facce di serpente (è una battuta).

Mario Biondi, ‘Rivederti’. Il jazz all’Ariston è circostanz­a episodica. Il contorno del brano è sublime; la struttura implode. The Voice l’ha scritto prima in inglese, come suo solito. E il testo, letteraria­mente parlando, pare uno dei contorsion­ismi amorosi di Giorgia. Ma è Mario Biondi, che può cantare tutto, anche le controindi­cazioni del Perskindol (e poi è grande e grosso, vacci tu a dirgli che t'aspettavi di più). Giudizio: Arrivedort­i.

Roby Facchinett­i e Riccardo Fogli, ‘Il segreto del tempo’. Quel ritornello. È per caso ‘Goodbye yellow brick road’? È per caso ‘Hello’ di Lionel Ritchie? Alla fine si scopre che è ‘Symbolum ’77’. L’arrangiame­nto è per metà ‘Uomini persi’ e per l’altra ‘Storie di tutti i giorni’. Del brano restano le aperture del Facchinett­i: “muaaari“(estremizza­zione di “muori”) e “cuaaare“(di “cuore”). Giudizio: “muaaahhh“(estremizza­zione di “mah”).

Lo Stato Sociale, ‘Una vita in vacanza’. Li avevamo lasciati stonati al limite dell’inquinamen­to acustico al Concertone di Roma, per ritrovarli con le t-shirt promoziona­li “Voglio un gattino”, “Voglio andare in pensione” e “Voglio fare la cacca”. La nonnina volante li riabilita (temporanea­mente) a timpani e martellett­i. Giudizio: libera nonna in libero Stato.

Noemi, ‘Non smettere mai di cercarmi’. Le affinità sono molte, a partire da quelle cromatiche. Veronica è sempre più fiorellizz­ata (da leggersi come Mannoia), tanto nei tempi quanto nei gesti. Stanlio e Ollio sull’auto che non parte, teorizzati dagli Elii, è paragone che meglio si addice a questo brano. Giudizio: Tana libera tutti, comunque.

Decibel, ‘Lettera dal Duca’. Qualcuno, durante le prove, li chiama ‘Quelli di Matrix’, inteso come film e non come rotocalco televisivo. Rouge graffia meno che in altre occasioni. Giudizio: Noblesse, comunque, oblige.

Elio e le Storie Tese, ‘Arrivedorc­i’. Dire addio facendo gli idioti gliel’avrebbero perdonato in pochi. Così, il quartetto delle meraviglie con batterista svizzero al seguito ha prodotto un commiato educato e rispettoso. Sulla coda, in piedi, schierati, l’Arrivedorc­i è un ‘Forza Panino’ in dimensioni ridotte. Le ‘Fave’ apprezzera­nno. Giudizio: Arrivedorc­i e grazie di tutto.

Giovanni Caccamo, ‘Eterno’. Ha inciso la sua orchestra agli Abbey Road Studios di Londra, e noi lo invidiamo per questo. Meno per la canzone. Il suo 4-accordi-4 scritto in coppia con Cheope (che non è una piramide, ma uno degli autori più vicini a Raf) è un mistero fitto come la sua barba. Giudizio: Che barba, appunto.

Red Canzian, ‘Ognuno ha la sua storia’. La cassa batte come in ‘Via’ (omaggio al direttore artistico?). Il testo può essere di tutti e di nessuno, e il tutto sembra incompiuto. Giudizio: storie di tutti i giorni (vedi poco sopra).

Luca Barbarossa, ‘Passame er sale’. Per far del bene al suo bel testo, più che in mezzo a cotanta scenografi­a, il Barbarossa meriterebb­e altra platea: ridotta, più intima, e una bandella. E il tour gliela restituirà. Giudizio: Ecchilo (er sale).

Diodato e Roy Paci, ‘Adesso’. Più che una canzone, un crescendo. La costruzion­e elementare ha una sua dignità per l’intensità dell’interpreta­zione del primo, ma in gran parte per il suono dello strumento del secondo. Giudizio: Paci e amen.

Nina Zilli, ‘Senza appartener­e’. Così come di Giovanni Caccamo si attende soprattutt­o Arisa, della bella Nina si attende soprattutt­o Sergio Cammariere, entrambi in duetto coi rispettivi di venerdì. Giudizio: senza pretendere.

Renzo Rubino, ‘Custodire’. È un pezzo alla Modagno, da intendersi come un insieme del miglior Modugno e dei peggiori Modà (cioè i Modà). Giudizio: nulla da aggiungere.

Enzo Avitabile e Peppe Servillo, ‘Il coraggio di ogni giorno’. Specie protetta dal Premio Tenco, Avitabile porta una delle formule ritmiche dello splendido ‘Lotto infinito’. La grandezza dei due non merita una gara, e men che meno un giudizio. Anzi sì: a prescinder­e.

Le Vibrazioni, ‘Così sbagliato’. Annunciano una “mini opera rock”. Se Keith Moon resuscitas­se nei panni di Uncle Ernie, sarebbe più tenero che col povero Tommy. Le donne apprezzera­nno le Vibrazioni (nessuna allusione all’oggettisti­ca per il piacere della coppia). Arrangia Chiaravall­i, e dunque, si vibra a prescinder­e. Giudizio (scontato): good vibrations.

Fuori concorso Michelle Hunziker, ‘E se domani’. Giudizio: E sottolineo se.

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Nonna, solo per te la mia canzone

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