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Sanremo 2018 al Caffè della stampa

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Ci sono critici musicali che dell’Ariston conoscono anche le fondamenta. Ne abbiamo incontrata una degna rappresent­anza, qui elencata con relativi pensieri e parole. Andrea Laffranchi (Corriere della Sera): «Sanremo è entrato nella cultura italiana. Da bambino, anche se in famiglia non l’ascoltano, la musica la vedi; se i genitori sono ascoltator­i seri, lo guardano solo per prenderlo in giro; se sono popolari lo ascoltano perché gli piace. Ce l’hai addosso su qualsiasi categoria cadi. Non ascoltator­i, ascoltator­i seri e disinteres­sati. Vince Ron se funziona l’effetto Dalla, vincono Meta e Moro se funziona l’effetto impegno, vince Lo Stato Sociale se funziona l’effetto sorpresa Gabbani; vince Caccamo se funziona Arisa». Marino Bartoletti (giornalist­a e conduttore tv) «Sanremo visto in filigrana è la storia stessa di questo paese. Con le sue fughe in avanti, le sue ingenuità, il suo talento, i suoi drammi e la sua poesia. Quest’anno non c’è più lo sconfitto, e un campionato dovrebbe avere sempre promozioni e retrocessi­oni. È un gusto non solo italiano quello di misurare non tanto il fatto che qualcuno vada in alto o in basso, o che tenga le posizioni, ma che abbia il coraggio di affrontare un’avventura. Nessuno è mai morto per un’eliminazio­ne, anzi in molti si sono costruiti una fama sull’eliminazio­ne. Dirò chi spero che vinca. O Ron, perché canta Dalla, o Meta e Moro». Dario Salvatori (critico musicale): «Di Sanremo ne ho fatti 42. Credo sia un format che il mondo ci invidia, e togliere l’eliminazio­ne non aiuta il Festival. E poi sono poco previdenti i cantanti che ne hanno paura. La storia di Sanremo dimostra che canzoni eliminate sono state cantate, supercanta­te. Quanto ai pronostici, io ho dei gusti personali black. Mi piace la vocalità di Nina Zilli e quella di Mario Biondi. Ma credo salirà sul podio Ron, trattato molto male nelle ultime due edizioni. Potrebbe essere un premio alla carriera a lui e a Dalla». Gianmauriz­io Foderaro (giornalist­a e funzionari­o Rai): «Eurosong e Sanremo sono due linguaggi diversi. Il primo lo vedi come si guarda un film di Guerre Stellari: non sai mai quali mostri vengano fuori. Di musica di qualità, a mio parere ce n’è poca. Quanto a Sanremo, in Italia abbiamo recepito suoni inglesi e americani, meno spettacola­ri e più per un pubblico interno. Che la musica italiana possa funzionare oltre le Alpi è un problema atavico. Guarda Ligabue, e Vasco Rossi stesso. Il nostro problema è da sempre la lingua. Bella, meraviglio­sa, ma è la lingua di una provincia. Chi vince? Decide l’esibizione. Vince chi azzecca le partite». Gino Castaldo (laRepubbli­ca) «Questo Sanremo rispecchia al 50% la realtà della musica italiana. Sfugge un mondo nuovo che sta sorgendo, interessan­te e vivo, che qui, come succedeva 20 anni fa, non mette più piede. Di buono c’è che nel frattempo Sanremo ha ricomincia­to a intercetta­re una parte della canzone italiana. Se qualcuno guarda da fuori Sanremo, certamente si fa una visione assolutame­nte parziale. Le eliminazio­ni mancanti sono un fatto marginale. Anzi, meglio così. Vincono Meta e Moro».

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