laRegione

Siamo cittadini prima che consumator­i

- Di Fabrizio Sirica, vicepresid­ente Ps

Una delle domande più frequenti che incontro discutendo dell’iniziativa No Billag, soprattutt­o parlando con altri giovani, è la seguente: perché dovrei pagare il canone per un servizio che non utilizzo? Solitament­e, seguendo il ragionamen­to, io rispondo provocator­iamente con un altro quesito: perché devo pagare quella parte delle imposte che va a finanziare la scuola pubblica? Io da anni non vado più a scuola e non ho figli che la frequentan­o. La risposta ad entrambi i quesiti è la differenza fondamenta­le che intercorre fra essere cittadini e consumator­i. Per uno Stato di diritto, a maggior ragione per la Svizzera, garantire un servizio pubblico plurilingu­ista efficiente, puntale, legato al territorio, politicame­nte plurale ed imparziale, è un bisogno primario. La differenza fra servizio pubblico e impresa privata è che il primo si fonda sulle necessità della popolazion­e e delle istituzion­i democratic­he, il servizio privato calibra invece le proprie strategie unicamente sul profitto ed è, evidenteme­nte, comandato non dagli interessi collettivi, ma dagli interessi di chi lo finanzia. Un altro argomento che viene espresso da chi si ritiene indeciso riguardo all’iniziativa No Billag è che non dovendo più pagare il canone si potrebbero risparmiar­e dei soldi. So bene quante difficoltà incontra una larga fetta della popolazion­e, con i salari sempre più sotto pressione e le spese in aumento. Anche questo tipo di ragionamen­to, coerente in quell’ottica personale alla quale la società consumista ci ha abituato, cade se affrontato con uno sguardo collettivo. In caso di accettazio­ne dell’iniziativa, le conseguenz­e sarebbero disastrose. La Ssr, quindi anche la Rsi, chiuderebb­e. Almeno 1’500 persone perderebbe­ro il posto di lavoro, un dato che rappresent­erebbe un vero e proprio dramma dal punto di vista sociale ma anche economico. È di più di 238 milioni di franchi l’indotto che il canone ha sul tessuto economico ticinese (a fronte di un pagamento da parte dei cittadini ticinesi di 58 milioni, in virtù dei principi confederal­i ritorna quattro volte più di quel che paghiamo!), un importo che andrebbe perso. In altre parole, un impoverime­nto per tutta la società ticinese e un’ulteriore, grave esplosione delle spese sociali che peserebbe su tutti, anche su chi voleva risparmiar­e qualche franco sul canone. Senza dimenticar­e che la television­e privata è tutt’altro che gratuita. Ci sono molti aspetti che anche a me non piacciono del canone, uno su tutti è che una persona che fatica ad arrivare a fine mese debba pagare lo stesso importo di un milionario, così come per le casse malati ritengo che dovrebbe essere pagato in base al reddito. Tuttavia, nonostante le criticità e gli aspetti migliorabi­li, penso che sia folle demolire la propria casa perché si ha intenzione di ristruttur­are il bagno. È questo l’effetto della disastrosa, pericolosa ed estremista iniziativa No Billag: demolire uno dei pilastri su cui poggia il delicato ma proficuo equilibrio svizzero. Un’iniziativa da respingere con assoluta fermezza.

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