Ssr: i quattro evangelisti erano tre
Ma quanti scherzi ci permettiamo con i numeri! Persino con i Santi. Figuriamoci con i fanti: e perché non con gli inviati targati Ssr alle Olimpiadi? Quelli presenti quattro anni fa a Sochi sono ormai nella storia della democrazia diretta elvetica: 340. Il numero figura come un mantra tibetano nelle parole d’ordine di chi invita a votare Sì il 4 marzo. Una formula mistica che dovrebbe aprire misteriose porte. Anche se, in realtà, le porte le vorrebbe chiudere: a Ginevra, Comano e Coira, perlomeno, lasciando (forse) semi-aperta quella dello studio di Zurigo. 340 inviati a Sochi a ‘‘quoi faire’’? A ‘‘spass’’!
Segue da pagina 12 Pagati dal contribuente! A dirlo sono fior di finanzieri, economisti, difensori dei consumatori. Basta con questi sprechi – parbleu! Gopfriedstutz! No Billag! Senza vergogna, e soprattutto senza pallottoliere, quello che i bimbi di 60 anni fa imparavano a maneggiare attratti dalle grosse palline di legno colorate. Noi latini, più che impiegati del catasto e contabili, ci riteniamo poeti, santi e navigatori – anche se gli svizzeri di lingua italiana devono accontentarsi di qualche barchetta su qualche lago o laghetto. Sì ma i conti chi li fa? La borsa della spesa è mezza piena o mezzo vuota? Facciamoli allora questi conti, partendo dal numero feticcio-mantra (340) che imperversa sul Manifesto dei No Billag come prova matematica della mania di grandezza della Ssr: i 4 evangelisti, pardon, i 340 evangelisti della Ssr presenti a Sochi nel 2014 erano esattamente 235! Prego? Certo, perché 105 erano ingaggiati dal Comitato Internazionale Olimpico per trasmettere in mondovisione l’intero sci alpino! Profumatamente pagati, con vitto, alloggio e condizioni di lavoro migliori rispetto a quelle della Ssr, che non solo non ha pagato una rappa ma addirittura ne ha guadagnati per contratto, in qualità di televisione incaricata delle riprese. E infine, i ‘balabiott’ (detti anche ‘fuchi’) della Ssr, fra cui diversi ticinesi, con la ripresa diretta della discesa libera hanno vinto il Tv-Award di Montecarlo, di fatto l’Oscar della televisione, come miglior produzione al mondo del 2014! Quasi quasi, ci stava anche un complimento. Se poi si pensa al fatto che nel comitato No Billag ci sono molti veri patrioti, veri rossocrociati, qualche bandierina la potevano magari anche sventolare. Ma per il bimbo del pallottoliere la giornata non è finita: deve confrontare il numero residuo, 235 nanetti rimasti, con il numero degli inviati dell’Orf austriaca, ossia di una nazione simile a noi per abitanti e passione per gli sport invernali: poveri noi, erano solo in 100, e anche loro hanno le minoranze linguistiche. Gli sloveni e gli ungheresi! Soluzione del noir: vero, ma loro trasmettono in una lingua sola, quella di maggioranza, il tedesco. Se Ginevra, LuganoComano e Coira fossero d’accordo, potremmo fare così anche noi: in tedesco, basta e avanza, tagliando di molto i costi. Ma lasciando le cose come sono ora 235 diviso per 3, più qualche romancio, fa meno di 80 inviati per ognuna delle 3 lingue, che per Costituzione (grazie Elvezia!) hanno diritto a una programmazione di uguale dignità. Meno dei 100 austriaci, e molto meno dei 250 tedeschi dell’Ard, chiamati a fare un programma in una sola lingua. Noi svizzeri di lingua italiana paghiamo uno (45 milioni) e prendiamo quasi 5 volte tanto: 220 milioni, il 21,8% esattamente del totale incassato dalla Ssr (1’200 milioni) con il canone. Quotaparte spuntata dopo strenua lotta da Stelio Molo e Stefano Ghiringhelli, e mantenuta a denti stretti da tutti gli altri direttori della Tsi-Rsi. Dovessimo fare il programma Rsi che va in onda attualmente con il canone che paghiamo noi, ognuno dovrebbe sborsare più di 2’200 franchi annui, altro che un franco al giorno, costosissimi diritti per lo sport (51 milioni!) compresi. Altri ticinesi, quelli che in questi giorni si battono per il Sì, hanno altri progetti per difendere la ‘’nostra gente’’: buttando a mare (a lago) 220 milioni di generosa perequazione federale. Il problema è che non siamo per nulla in chiaro sul perché. O forse sì, qualche idea ce l’abbiamo, ma talmente oscena da essere inconfessabile.