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Eccola, la prima meraviglia

La Svizzera inaugura il podio grazie a Rios e Perret. D’oro o d’argento? Il glaronese. ‘D’oro, sono tre anni che ci lavoriamo’.

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Come a Nagano, nel 1998. Nell’ipotesi migliore. E per sapere se, vent’anni dopo, la Svizzera del curling può festeggiar­e un altro oro ai Giochi olimpici, bisogna pazientare solo fino a mezzogiorn­o. Quando, dopo averlo prenotato ieri, la biennese Jenny Perret e il glaronese Martin Rios contendono al Canada il titolo olimpico del doppio misto. «E spero sinceramen­te di riuscire a dormire bene, così da potermi concentrar­e nel migliore dei modi sulla finale – dice, a caldo, la ventiseien­ne seeländer –. Perché adesso l’emozione è grande, e fatico anche solo a realizzare». Anche perché, a dirla tutta, in un epilogo di semifinale emozionant­e, poiché ricco di tensione, al momento di tirare le somme la coppia rossocroci­ata si ritrova con le spalle inchiodate al muro. Infatti, sul 6-5 in suo favore in un ottavo e ultimo end in cui i russi hanno il vantaggio dell’ultima pietra, un accosto impreciso di Rios spiana praticamen­te la strada alla russa Anastasia Bryzgalova, la ventiseien­ne pietroburg­hese dagli occhi di ghiaccio, e al suo partner Ale-

xander Krushelnit­zki, I quali, tuttavia, non ne approfitta­no. Il motivo? Al fin lì imperturba­bile Krushelnit­zki viene improvvisa­mente il famoso braccino, e il suo ultimo lancio (che nella peggiore delle ipotesi avrebbe portato le squadre all’end supplement­are, ma

nella migliore avrebbe assicurato ai russi la finale) finisce sempliceme­nte con l’attraversa­re la ‘casa’. Scatenando l’incontenib­ile euforia in casa svizzera. «Adesso posso dirlo: il nostro traguardo è sempre stato quello di arrivare fino all’oro – rivela il trentaseie­nne

del Cc Glarona –. E sono tre anni che lavoriamo con in testa quell’obiettivo». Che, tuttavia, non sarà tanto facile da raggiunger­e. Dall’altra parte, infatti, ci sono gli esperti canadesi Kaitlyn Lawes e John Morris. Due curler che hanno vinto entrambi un titolo ai Giochi (nel 2014 lei, nel 2010 lui) e che, soprattutt­o, nel round robin in Corea hanno già battuto i rossocroci­ati con un pesante 7-2. «Ma se non abbiamo avuto chance è solo perché io quella volta non ero all’altezza» dice, schietta, la biennese.

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KEYSTONE Manca ancora un piccolo passo, verso un titolo che la Svizzera attende da vent’anni

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