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Profitto prima di vite umane?

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La Banca nazionale svizzera finanzia con due miliardi di franchi la produzione di armi nucleari negli Stati Uniti, partecipaz­ione cresciuta rapidament­e dai 600 milioni di due anni fa. Questo è solo uno dei numerosi esempi di finanziame­nti lucrativi, ma moralmente alquanto discutibil­i, fatti con i nostri fondi pensionist­ici e il nostro patrimonio nazionale. Quasi un anno fa il Gruppo per una Svizzera senza esercito ha lanciato un’iniziativa federale che vuole vietare alla Banca nazionale e agli istituti di previdenza di finanziare produzioni belliche. Oggi più che mai, alla luce di queste recenti rivelazion­i, l’iniziativa è di stretta attualità. Due in particolar­e sono gli argomenti che mi spingono a sostenerla. È probabilme­nte dall’epoca della Seconda guerra mondiale che non c’erano più così tante persone in fuga, costrette a lasciare la propria patria e la famiglia nella maggior parte dei casi a causa di guerre attuali o delle conseguenz­e di conflitti passati. L’industria bellica trae profitto da questi conflitti e addirittur­a li favorisce con la vendita di armi o di sue componenti. L’iniziativa combatte quindi le cosiddette cause di migrazione, facendo sì che vi siano meno armi nelle zone di guerra. Come se ciò non bastasse le armi non sono un prodotto come un altro, ma vengono costruite con lo scopo di ferire e uccidere altre persone, portando allo stesso tempo guadagni ai loro produttori: il profitto vale di più che le vite umane? Quale importante piazza finanziari­a la Svizzera gioca un ruolo fondamenta­le in questi commerci: sostenendo l’iniziativa abbiamo la possibilit­à di essere d’esempio per il mondo intero, facendoci portavoce di valori quali la solidariet­à umanitaria e la neutralità.

Laura Riget, Monte Carasso

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