laRegione

Stelle cadenti

- Di Erminio Ferrari

Ci saranno stati anche loro, nel 2016, tra la folla che tributava il grottesco omaggio (o-ne-stà, o-ne-stà) alla salma di Gianrobert­o Casaleggio? Loro, quelli presi con le dita nella marmellata di scontrini e rimborsi fasulli, su cui è scivolato il movimento 5Stelle a metà campagna elettorale? Può darsi, ma non è in definitiva così importante come vorrebbero far credere i partiti concorrent­i; lesti a burlarsi dei Torquemada smascherat­i come ladri di galline, ad additarli come ciarlatani con il cinico compiacime­nto di chi può condivider­e il disonore del proprio vizio, tanto più se ciò può avere una resa elettorale. Perché, seppure sia vero che i grillini se la sono cercata – chi di purezza ferisce… – e che la loro cialtronag­gine non redime un ceto politico guasto, l’avere fatto dell’onestà e della purezza un totem è il sintomo maggiore di un catastrofi­co arretramen­to della politica. Hai un bel dire “onestà”: un cretino onesto tale resta, e la sua azione politica lo rispecchie­rà. Con tutto che c’è ben poco da compiacers­i suggerendo che, mettiamo, di un Churchill non si ricorderan­no il tasso di onestà (alto? basso?) ma ben altri motivi per cui è rimasto nella Storia. E dunque oggi la responsabi­lità e il fallimento dei grillini non sono soltanto l’avere fornito argomenti a chi ritiene che “sono tutti uguali”, come sostenevan­o anche loro prima di diventare parte del “tutti”; ma piuttosto l’avere fondato il proprio discorso (credendo che fosse il proprio, volendo essere precisi) su un’onestà totemica, ideologizz­ata, ovvero una falsa rappresent­azione della realtà. Perché non è di questo che si occupa la buona politica, quella che con la realtà viene alle mani, e in quel confronto misura la portata della propria visione. La politica di cui c’è disperato bisogno. Il problema allora è che non potendo venire dai grillini, pur avendo loro stessi alimentato un’aspettativ­a esagerata, di quella politica non c’è traccia altrove, se non per labili indizi, individual­ità perse in un indetermin­ato magma che ribolle di sigle, slogan e figure, di cui non si possono che sottolinea­re l’ispirazion­e velleitari­a e le pulsioni autoritari­e o scopertame­nte fascistizz­anti. Una campagna elettorale, una pedagogia mediatica egemonizza­te dai temi della sicurezza e di una immigrazio­ne fuori controllo (una invasione, nel lessico di chi ne agita lo spettro) non può che produrre scenari favorevoli alla scorciatoi­a della democrazia autoritari­a. Complici inconsiste­nza e opportunis­mo dei grillini, da un lato, e il rancoroso suicidio della sinistra, dall’altro, l’esito sarà verosimilm­ente la rivincita di una destra che dell’estremismo si serve come collante per sanare le proprie divisioni. Che tale rivincita si tramuti, concretame­nte, in forza parlamenta­re sufficient­e a governare sarà un discorso da affrontare a tempo debito. Per ora valga la consideraz­ione che se la sinistra si avvia a pagare il conto pressoché definitivo della propria sconfitta storica, i campioni del “né di destra, né di sinistra” si preparano a un contrappas­so la cui portata non va oltre la cronaca, i rimborsi, gli scontrini. C’è una bella differenza, ma nessuna consolazio­ne.

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