La scorciatoia di ‘Fischi’
Oggi debuttano gli uomini, ma la Svizzera deve pazientare. ‘Vogliamo i quarti diretti, quindi dobbiamo finire davanti’.
Gangneung – Non ci saranno né gli Ovechkin, né i Crosby. Ma nonostante il boicottaggio della Nhl, che fa ripiombare il pianeta dell’hockey al secolo scorso, quando alle Olimpiadi dell’hockey professionistico nordamericano non v’era traccia, lo spettacolo deve pur andare avanti. Così, oggi, infine, si comincia. Senza, però, la Nazionale di Patrick Fischer, costretta a mordere il freno fino a domani sera (l’una e mezza di pomeriggio in Svizzera), quando potrà finalmente debuttare contro il Canada di Willie Desjardins.
‘Poi, quando sei in fiducia tutto è possibile’, dice il tecnico rossocrociato. Compreso, quindi, un posto sul podio.
E per ben 17 dei 25 convocati dal coach rossocrociato sarà l’esordio assoluto ai Giochi. «Ma trovo che ciò sia anche una buona cosa, perché posso contare su un gruppo affamato – dice Patrick Fischer –. E comunque i ragazzi hanno avuto un paio di giorni per familiarizzare con l’ambiente del Villaggio olimpico. Senza contare, poi, che la stragrande maggioranza di loro ha già accumulato parecchia esperienza ai Campionati del mondo». All’ultima edizione, sul ghiaccio di Parigi-Bercy, avevate sconfitto la Cechia (3-1), togliendo punti sia al Canada (3-2 al supplementare), sia alla Finlandia (2-3 al supplementare), prima di uscire ai quarti con la Svezia. Rispetto ad allora cos’è cambiato? «Che siamo vicini ad agganciare le nazioni migliori, anche sul piano mentale. In Corea ci siamo posti l’obiettivo di crescere an-
‘Le critiche? Mi pungolano, e mi tengono sveglio’
cora sul piano offensivo, giocando con maggior precisione e con più sangue freddo. E sarà cruciale anche il rendimento che avranno tanto il powerplay, quanto il boxplay. Sappiamo però di aver fatto un bel passo avanti, l’abbiamo già dimostrato ai Mondiali in Francia. E siamo consci che una buona impostazione comincia da un ottimo primo passaggio e da giuste decisioni prese in retrovia quando si è sotto pressione. È per questo motivo che abbiamo selezionato dei difensori dotati di buone qualità tecniche». Senti che la tua squadra è pronta al debutto? «Senz’altro. Infatti ha potuto prepararsi nel migliore dei modi all’appuntamento. Pure qui in Corea, dove ha avuto la
possibilità di lavorare indisturbata a Seul per tre giorni di fila, prima di spostarsi nel Villaggio olimpico, lunedì. Di positivo, però, c’è soprattutto il fatto che nella fase di preparazione c’è stato uno solo infortunio con cui dover fare i conti, quello di Joël Vermin». È possibile che nelle ultime due amichevoli i giocatori si siano trattenuti per evitare di farsi male sul più bello? «Non nascondo che la partita di martedì scorso a Kloten (sconfitta 2-1 dalla Germania al supplementare) sia stata un po’ strana. Anche i tedeschi hanno giocato col freno a mano tirato, e l’intensità ne ha risentito. Invece, nell’ultimissimo test con i norvegesi la squadra mi è piaciuta molto di più. Anche in superiorità numerica abbiamo lavorato bene. Ed è su quelle basi che dobbiamo partire». Qual è il vostro obiettivo domani, nella sfida con i canadesi? «Sarà anche vero che la formula del torneo ti dà la possibilità di riscattarti anche se parti male, ma il nostro obiettivo è qualificarci direttamente ai quarti di finale così da risparmiare energie preziose. Per farlo, dovremo vincere il nostro girone (in verità, anche la migliore tra le seconde salterà gli ottavi di finale, ndr). Cosa che, oltretutto, ci darebbe grande fiducia nelle nostre possibilità. E quando hai la fiducia, nulla ti è precluso». Pensi alle medaglie? «Senz’altro. Sappiamo che se saremo in grado di sfruttare il nostro potenziale e avremo la fortuna di non dover fare i conti con troppi infortuni, e se in battaglia la fortuna non ci volterà le spalle, potremo battere chiunque». Nonostante tutto, anche dopo i Mondiali dell’anno scorso hai dovuto fare i conti con qualche critica: un eventuale podio ai Giochi sarebbe per te una sorta di rivincita? «Una rivincita nei confronti della gente che mi ha criticato? No, assolutamente. In fondo quella di selezionatore nazionale è soltanto la seconda tappa nella mia carriera di allenatore, il che è insolito. E devo convivere con il fatto che occasionalmente ci siano delle critiche. Senza contare, poi, che le critiche mi pungolano, mi tengono sveglio».