L’industria Mem vanta i Bilaterali
Le parti sociali del settore già si scagliano contro l’iniziativa anti-libera circolazione dell’Udc
L’iniziativa Udc contro la libera circolazione delle persone tra Svizzera e Stati membri dell’Ue va combattuta con forza. Lo chiedono le parti sociali dell’industria elvetica delle macchine, elettrotecnica e metallurgica (Mem). A loro avviso, un’adozione danneggerebbe gravemente il mercato svizzero del lavoro. Il testo, promosso da Udc e Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente (Asni), è “un attacco frontale alla piazza produttiva” del nostro Paese, si legge in una nota congiunta diffusa ieri da Impiegati Svizzera, Unia, Syna, Società svizzera degli impiegati di commercio, Società svizzera dei quadri (Asq) e Swissmem/Asm. L’Ue è di gran lunga il principale sbocco del settore Mem, che impiega 320mila persone in Svizzera. L’80% della produzione viene infatti esportata e il 60% è destinato all’Ue. Gli accordi bilaterali garantiscono alle aziende un accesso diretto al mercato interno europeo, sottolineano le parti sociali. Il danno per l’industria Mem sarebbe enorme, mettono in guardia le organizzazioni del settore. Già oggi, il mercato del lavoro è in difficoltà in vari segmenti della branca e la situazione peggiorerà ulteriormente nei prossimi anni per ragioni demografiche. Si potrà colmare solo in parte la penuria di manodopera qualificata sfruttando il potenziale locale. Di conseguenza, le aziende dipendono fortemente dall’accesso al mercato del lavoro europeo. Inoltre, viene sottolineato nella nota, le condizioni di lavoro della manodopera in Svizzera sono protette dalle misure di accompagnamento. “Gli accordi bilaterali sono una garanzia di successo per l’economia svizzera”, secondo il consigliere nazionale Thomas Webel (Pvl/Zh), presidente dell’Asq, citato nella nota. “La competitività e il nostro benessere sono basati sulla libera circolazione delle persone”. Il 78% delle aziende dell’industria Mem considera i Bilaterali importanti o indispensabili, rileva da parte sua Hans Hess, presidente di Swissmem. I nostri istituti di ricerca e di formazione hanno anch’essi bisogno di scambi internazionali, rilevano ancora le parti sociali del settore. Per loro, solo la libera circolazione consente di proporre eccellenti formazioni di base e continue su suolo svizzero.