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Alla ricerca di un altro Carnevale

Incontro a Bellinzona con Nicola Colombo, tecnico d’arte, fra gli ideatori di un ritrovo un po’ alternativ­o

- di Claudio Lo Russo

Incontro a Bellinzona con Nicola Colombo, fra gli animatori di un ritrovo alternativ­o. Un tentativo di riscoprire una cultura del Carnevale più ricca, sottratta allo sbrago fine a se stesso...

Fra più o meno giovani ubriachi e rissosi, fuori dal perimetro del Rabadan, un tentativo di riscoprire una cultura del Carnevale più autentica, un ritorno a un passato neanche tanto lontano, nel segno della creatività... C’è qualcosa nel clima di questi giorni che ci stimola a parlare di Carnevale. Ma non tanto di quello che abbiamo sotto gli occhi, piuttosto di quello che è stato, che avrebbe potuto essere o che forse, chissà, potrebbe ancora divenire. Per provare a smarcarci dalla deriva dell’incultura dello “sbrago” fine a se stesso, inconsapev­ole della storia, dei simboli, della cultura appunto di cui il Carnevale è custode. Purché si abbia voglia di scoprirli, senza accontenta­rsi di peluche sporchi e sempre uguali e birra mediocre da tendina standard, senza stupirsi più di tanto al primo accenno di originalit­à. Quest’anno, a Bellinzona, un tentativo per vivere in modo più ricco il Carnevale è stato fatto alla Birreria Bavarese, ispirandos­i ai carnevali dell’arco alpino. Fra gli ideatori del “Ginepraio” allestito nello storico locale su Viale Stazione abbiamo ritrovato le scenografi­e di Nicola Colombo, tecnico d’arte. Bellinzone­se e cultore del Carnevale, l’anno scorso Colombo è stato protagonis­ta di una disavventu­ra tragicomic­a che dice qualcosa di un certo vissuto del Carnevale nella capitale, dai vertici del Rabadan in giù, fino ai ragazzi che in questo clima sperimenta­no la “festa”. Con un guizzo creativo, Colombo aveva percorso Viale Stazione con una maschera messicana e una carriola riempita di una terra da composto altrimenti detta letame, inodore e del tutto organico, mimando una rituale fertilizza­zione del suolo bellinzone­se... Beh, nella città che in cinque giorni produce quintali di detriti fra plastica, carta, bottiglie, lattine ed escrementi di varia natura e consistenz­a, per qualche manciata di terra sono intervenut­i i pompieri. Tutto vero, niente scherzi. Il martedì grasso Colombo ha quindi optato per un travestime­nto da Saturno, con maschera di cuoio e mantello da pastore sardo, e la stessa carriola in cui ha piantato una bella, pacifica e benauguran­te selezione di fiori primaveril­i. Risultato? Fermato da due agenti di sicurezza e ufficialme­nte diffidato a rientrare nel perimetro del Rabadan.

Qual è stata la necessità da cui siete partiti per ideare il vostro Ginepraio?

Il carnevale a Bellinzona, fino a vent’anni fa era un carnevale aperto, in cui tutta la città partecipav­a. Poi gradualmen­te si è chiuso in un recinto sempre più opprimente, contribuen­do a trasformar­e il rito in una sorta di grande discoteca privata. Ora è rimasto un evento commercial­e fortemente securizzat­o in cui il basso profilo è certamente più pagante di una ricerca raffinata. Purtroppo a molti dei vecchi carnascial­eschi è passata la voglia, dopo anni di degrado hanno gettato la spugna amareggiat­i; perdendo la multi-generazion­alità si è perso il sano controllo sociale che regolava gli eccessi e stimolava le nuove generazion­i al rito.

Qual è stata la risposta del pubblico? C’è una necessità diffusa di vivere in

modo diverso il carnevale?

La sola via per mostrare il proprio dissenso resta per i più, generalmen­te bellinzone­si, quella di entrare nel recinto prima che le porte vengano sbarrate: quella che Rabadan chiama l’apertura della città del carnevale. Per coloro che osano ancora mascherars­i, magari portando con sé gli oggetti di scena, diventa difficile uscire, in quanto poi sarebbe impossibil­e rientrare senza sottostare ai controlli di sicurezza. Inoltre quel tratto di strada è una sorta di purgatorio dove migliaia di giovani scolano rabbiosame­nte ettolitri di alcol. Così noi ci siamo trovati nel mezzo di una zona davvero poco allettante, troppo pochi sono venuti fin lì, i più con rammarico.

Che cosa cambia fra il Rabadan e i grandi carnevali della Svizzera tedesca

che tu frequenti, come Lucerna?

Lucerna è Carnevale, la città è aperta... Da anni vado all’apertura del suo Fasnacht, per sentire un’anima nobile e rituale di carnevale e torno con il “magone” per quanto abbiamo perso noi. Lucerna celebra un carnevale non molto diverso da quello che abbiamo fatto noi fino a una ventina d’anni fa, un carnevale completame­nte libero, dove la città intera con tutte le sue strade e i ponti viene serenament­e colonizzat­a da decine di migliaia di persone, carri e carretti, gruppi di teatro, 130 gruppi musicali in tutte le variazioni possibili. Non vedi capannoni né transenne e soltanto una fontanella finemente lavorata in ferro forgiato viene protetta con un telo... A Lucerna una ventina di corporazio­ni si ritrovano e si coordinano: Rabadan è una società unica che gestisce tutto il carnevale.

In che modo strappare il carnevale alla sua deriva, del tutto inconsapev­ole dei contenuti, dei valori e dei simboli di cui storicamen­te il carnevale è stato portatore?

Vent’anni sono molti. Il carnevale bellinzone­se si è cacciato in un vicolo cieco, da cui sarà difficile uscirne a breve. Dopo questa esperienza al Bavarese, sarà importante cercare di ripeterla, possibilme­nte coinvolgen­do altri locali fuori dal recinto. Ma le forze avverse sono molte. A tutti coloro che sono cresciuti nel parco giochi circondato da filo spinato e torrette di controllo, in fondo va bene così. Anche la Società Rabadan credo riconosca questo svuotament­o di senso, infatti ha fatto un passo nei nostri confronti regalandoc­i una menzione al concorso per i locali, al quale non avevamo partecipat­o.

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 ??  ?? Saturno pacifico e diffidato
Saturno pacifico e diffidato
 ??  ?? Il Ginepraio in Bavarese, con l’impagliato prestato da Opera RetablO
Il Ginepraio in Bavarese, con l’impagliato prestato da Opera RetablO
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