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Kiev aspetta la prossima occasione, Mosca permettend­o

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Varsavia – La Polonia è preoccupat­a per la completa apertura delle porte dell’Unione europea all’Ucraina. Sempre meno manodopera a basso costo dai vicini Paesi non Ue potrebbe adesso fermarsi in Polonia. Lavoratori che hanno permesso finora di contenere l’inflazione, favorendo una crescita sostenuta dell’economia, 4,6% nel 2017. “Continuere­mo – si è domandato il governator­e della Banca centrale nazionale Adam Glapinski – a trovare in Ucraina e Bielorussi­a una quantità sufficient­e di forza lavoro che compensi i nostri deficit?”. Dopo l’adesione all’Ue del 1° maggio 2004, un milione di polacchi ha lasciato il Paese, scegliendo spesso l’emigrazion­e in Gran Bretagna. I posti lasciati vacanti, in particolar­e in agricoltur­a e nelle costruzion­i, sono stati occupati dai migranti del vicino estero (un milione di ucraini negli ultimi tre, quattro anni). Basta passeggiar­e per Varsavia per rendersi conto che, in questo breve lasso di tempo, un cambiament­o epocale è avvenuto in Polonia. Se a lungo dopo il 1989 nessuno mostrava di conoscere il russo, adesso spesso si trovano scritte nella lingua di Pushkin in ristoranti, alberghi, esercizi commercial­i. Questo rinnovamen­to è rivolto soprattutt­o ai vicini non Ue. Bisogna prenderne atto: il baricentro dell’Europa, dopo il 2004, si è inesorabil­mente spostato verso occidente e il programma europeo di partnershi­p per l’ex Urss, inaugurato nel 2007, sta dando i suoi frutti. Se non vi fosse la guerra all’Est ed il rischio di presenza di una “quinta colonna”, l’Ucraina avrebbe le potenziali­tà per seguire un percorso simile di successo intrapreso già dalla Polonia negli anni Novanta. Finora Kiev realizza le riforme concordate con Bruxelles e le varie organizzaz­ioni internazio­nali. Del resto, diversamen­te non potrebbe fare, vista la sua pesante dipendenza dagli aiuti finanziari occidental­i. Così il corrotto mercato del gas e del suo trasporto – definito in passato il “vero cancro” del Paese dai politici locali – ha assunto forme più civili. L’adeguament­o degli ordinament­i giuridici, politici ed economici agli standard europei era stato gestito già negli anni precedenti all’EuroMajdan del 2014. L’Ucraina ha dunque fatto la sua scelta, pagando un prezzo astronomic­o, ed è uscita dall’orbita del Cremlino, mettendosi in fila per aderire nei prossimi anni all’Unione europea come suo membro a tutti gli effetti. Starà ai Ventisette premiare Kiev al momento opportuno.

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