Lacrime di coccodonald
Washington – “Nessun bambino, nessun insegnante dovrebbe mai essere in pericolo in una scuola americana”. Lo ha detto ieri in tv Donald Trump, poche ore dopo la strage compiuta in un liceo della Florida (17 morti e 14 feriti) da Nikolas Cruz, diciannove anni, definito dallo stesso Trump “mentalmente disturbato”. Lo stesso Trump, cioè, che immediatamente dopo l’insediamento alla Casa Bianca dispose la revoca della normativa introdotta da Barack Obama per impedire ai malati mentali di entrare in possesso di un’arma. Dunque, con la faccia di circostanza, il presidente ha garantito che “il nostro primo lavoro è prenderci cura dei nostri bambini. E finché non potremo dire onestamente che stiamo facendo abbastanza per tenerli al sicuro, incluse le leggi che la maggior parte degli americani vuole, dobbiamo cambiare”. Purché, naturalmente, non cambi la legislazione che assicura alla potente lobby delle armi di continuare a prosperare. Finora Trump non ha fatto che allentare i controlli. E nell’ultima proposta di bilancio ha ulteriormente tagliato milioni di dollari destinati al sistema di controllo delle armi da fuoco. Nulla indica che cambierà politica. Piuttosto, potrà accusare l’Fbi di avere ignorato la pericolosità di Cruz, che su YouTube aveva di fatto annunciato la strage: “Diventerò un professionista di stragi nelle scuole”. L’Fbi era stata informata, ricevendo almeno due segnalazioni su quelle frasi deliranti ma quanto mai minacciose. Dopo una breve indagine, però, si decise di accantonare la vicenda. Sul suo profilo Instagram, Nikolas Cruz si presentava con una foto nella quale esibisce un cappellino rosso e una scritta inequivocabile: Make America great again.