Il Sudafrica cambia passo
Cyril Ramaphosa eletto presidente al posto dell’ormai screditato e dimissionario Jacob Zuma
Per il partito di Mandela una successione traumatica. Per l’intero Paese l’urgenza di rimediare a una crisi socio-economica gravissima.
Johannesburg – Ramaphosa doveva essere e così è stato. Le dimissioni di Jacob Zuma hanno anticipato la successione alla presidenza del Sudafrica, secondo un canone politico consolidato e rispettando un copione che l’African National Congress ha dovuto mettere in scena, sia pure a malincuore. L’ormai ex presidente ha lasciato l’altroieri la carica, travolto da accuse di corruzione e malversazione che lo rendevano incompatibile non soltanto con la più alta carica dello Stato, ma anche una insostenibile zavorra per il partito che dalla fine dell’apartheid, nel 1994, ha retto ininterrottamente il governo del Paese. Così Cyril Ramaphosa, votato nel dicembre scorso alla presidenza dell’Anc, carica che di fatto lo indicava come successore senza rivali a Zuma, è stato eletto ieri in parlamento quinto capo di Stato del Sudafrica dopo la fine della segregazione razziale. Delfino mancato del padre della (nuova) patria Nelson Mandela, Ramaphosa, 65 anni, è stato eletto dal parlamento a Città del Capo senza contro-candidature. Il tutto solo poche ore dopo che Zuma si era dimesso su pressione dell’Anc, che aveva minacciato di farlo cadere con un disonorevole voto di sfiducia. In un primo discorso all’Assemblea nazionale, Ramaphosa ha assicurato che “corruzione”, cattiva gestione di imprese pubbliche e lo “state capture” (la predazione delle risorse dello Stato) saranno affrontati come priorità dalla sua presidenza. Pur essendo uno degli imprenditori più ricchi del Paese, l’ex veterano della lotta anti-apartheid e leader sindacale dei minatori (prima di diventare imprenditore minerario a sua volta) Ramaphosa ha promesso di essere un “servitore del popolo”, cercando di “lavorare molto duramente per non deludere la gente del Sudafrica”. Oltre a rassicurare gli investitori sul fatto che non verranno taglieggiati, compito di Ramaphosa è risollevare le sorti dell’Anc. L’Anc, divenuto di fatto partito-Stato sta da anni subendo un processo di corruzione della propria ispirazione, da un lato, e la pressione di una importante fronda, soprattutto giovanile, che ne contesta la trasformazione in establishment, dall’altro. Mentre cresce la concorrenza di formazioni “miste”, la cui componente bianca non è più tacciabile di affinità con i segregazionisti. Come conferma il declino di consensi reso visibile dal risultato deludente delle elezioni municipali del 2016. A Ramaphosa toccherà dunque un onere doppio: salvare l’onore (e il potere) dell’Anc, e risollevare da una gravissima crisi economica e sociale (la disoccupazione è al 30%) l’intero Sudafrica.