Uno spaccio che vale un’espulsione
Condannato e allontanato il 34enne ‘attivo’ nella vendita di cocaina sulla piazza chiassese
Alla fine, oltre alla commisurazione della pena per i reati commessi, era necessario comprendere se l’articolo 66a (bis) del Codice Penale Svizzero fosse stato applicato dal giudice Marco Villa. Quello, per intenderci, che regola l’espulsione (o eccezionalmente la rinuncia) dal territorio elvetico. Perché lui, il 34enne albanese condannato ieri dalla Corte delle Assise correzionali di Mendrisio, i reati commessi li aveva (quasi) tutti ammessi. Ripetuta infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti, contravvenzione alla medesima, minaccia e infrazione alla Legge federale sugli stranieri gli sono costati una condanna a 9 mesi sospesi per un periodo di prova e, in definitiva, all’espulsione dalla Svizzera per 3 anni, il minimo previsto dalla legge. Il 34enne, sull’arco di un anno e fino all’ottobre del 2017 ha spacciato (e consumato) alcune decine di grammi di cocaina. Per alcuni mesi, da ottobre 2016 a gennaio 2017, ha inoltre usato lo stupefacente come contropartita per l’ospitalità offerta a Chiasso da un suo cliente. Ne è seguito un periodo all’estero e poi, a maggio dello scorso anno, il ritorno in Svizzera per altri scopi e non più per ‘lavorare’ (leggasi spacciare). È rientrato «per un rapporto di affetto che dura ancora oggi» ha spiegato la difesa, rappresentata dalla MLaw Demetra Giovanettina. In merito all’attività criminale svolta, invece, secondo la difesa l’assistito è arrivato alla «vendita di cocaina in una situazione estrema perché non sapeva più dove sbattere la testa». Oltretutto, ha aggiunto Giovanettina – la quale si è battuta per una pena sospesa non superiore ai 6 mesi e al respingimento dell’espulsione –, «ci arriva perché c’è una rete di suoi connazionali fatta apposta per sfruttare questo tipo di persone». Di diverso avviso l’accusa, rappresentata dal procuratore pubblico Paolo Bordoli. Chiedendo una pena sospesa di 13 mesi, Bordoli ha ricordato come l’imputato «sia venuto in Svizzera appositamente per vendere cocaina». Per quel che concerne l’espulsione, il pp ha chiesto un’attivazione della misura per una durata di cinque anni. Ribadendo il fatto che il 34enne abbia scelto la Svizzera per delinquere è stato sottolineato come non meritasse «una tutela particolare». E anche la relazione amorosa intrapresa, ha specificato, «è iniziata per questioni di cocaina. Non contesto i sentimenti – ha in seguito aggiunto – però dobbiamo calibrare questa situazione con quello che l’imputato ha commesso in Svizzera». Ragionamento, quest’ultimo, che «la Corte ha fatto proprio» ha commentato nel leggere la sentenza il giudice Marco Villa. «Pur ammettendo il legame (sentimentale, ndr) la durata di questa relazione non è ancora significativa e consolidata». Inoltre, «c’è mancanza di progettualità per il futuro». A pesare sull’ordine d’espulsione, infine, uno dei reati riportati nell’atto d’accusa: minaccia. Episodio avvenuto dopo il suo ritorno in Svizzera, per questioni di pagamento dello stupefacente. Una «recidiva comportamentale» che, di fatto, ha condotto all’allontanamento. SLI