Varsavia ritorna sui suoi passi
Varsavia – Potremmo cambiarla. Il primo ministro Matheus Morawiecki, che già si era mostrato poco convinto della bontà della “legge sulla Shoah”, ha evocato ieri la possibilità di modificare la nuova legge che prevede fino a tre anni di carcere, per chi attribuisca alla Polonia una qualche parte nei crimini nazisti commessi sul suo territorio. È vero che Morawiecki si è espresso poco prima di incontrare Angela Merkel a Berlino, ma potrebbe non trattarsi soltanto di un tentativo di assicurarsi la benevolenza della cancelliera tedesca. La legge – in realtà finalizzata a impedire le ricerche storiche sul ruolo avuto da una parte dei polacchi nel programma di sterminio degli ebrei – è già stata firmata il 6 febbraio scorso dal presidente Andrejz Duda, che tuttavia l’ha inviata alla Corte costituzionale per una verifica di legittimità. Se dovesse risultare necessario modificarla, ha detto Morawiecki alla radio pubblica, si potrà “precisare la formulazione di alcuni passaggi”. Di fronte alle critiche domestiche e internazionali, Morawiecki ha replicato che il governo nazionalista di Diritto e Giustizia non intendeva impedire la libertà di ricerca e di espressione. Ma che in molti si siano resi conto del guasto provocato lo dimostra anche il commento di una consigliera di Duda, Zofia Romaszewska, che ha liquidato l’argomento in modo secco: «Si tratta di una legge idiota e come tale probabilmente sarà cambiata». A Berlino, Morawiecki ha infine affermato che il suo governo desidera «che nel mondo non vi sia una cattiva impressione dei polacchi». Riferimento esplicito alla recente direttiva diramata dal presidente del Senato al corpo diplomatico polacco di segnalare chiunque “offenda” i polacchi. Primo caso noto di censura d’esportazione.