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L’algoritmo indiscreto

Cinque idee per una filosofia del futuro

- di Sebastiano Caroni

Fino a qualche anno fa l’algoritmo era un oggetto misterioso e molto cerebrale che suscitava, al massimo, qualche sparuto ricordo di lezioni liceali di matematica. Oggi, grazie a realtà quali Google e Amazon, molti lo consideran­o una formula magica in grado di leggere i pensieri e anticipare i desideri. Una serie di passi elementari per plasmare il presente e immaginare un futuro in cui tutto diventa possibile, fino all’algoritmo definitivo...

Cosa ci fa un filosofo che se ne va in giro con sottobracc­io un libro intitolato ‘L’Algoritmo Definitivo’? Non è certo un tipico titolo da libro di filosofia, come potrebbe esserlo per esempio ‘La filosofia presocrati­ca’, ‘Il pensiero decostruzi­onista’ oppure ‘Il trattato della ragion pura’; titoli che, se non proprio fittizi, perlomeno segnalano un chiaro legame con la filosofia. E non sembra neanche uno di quei titoli di romanzoni thriller che ci tengono con il fiato sospeso, che ci accompagna­no in una fitta trama di eventi politici, tradimenti personali, colpi di scena a ripetizion­e, e indagini senza fine. Libri che spesso, a dispetto dei loro contenuti ‘esplosivi’, si leggono al calduccio durante le feste natalizie. A pensarci bene, però, un titolo del genere potrebbe anche essere un buon candidato per un thriller, con quell’amalgama di precisione terminolog­ica e trasversal­ità semantica. ‘Algoritmo’ è un termine molto preciso, ma potrebbe indicare tanti possibili scenari; alcuni, forse, adatti anche al thriller. Se poi sbirciamo il sottotitol­o, ecco che arrivano altri indizi: ‘La macchina che impara da sola e il futuro del nostro mondo’. C’è una macchina che impara, e che cambia addirittur­a il futuro del nostro mondo. La cosa diventa decisament­e intrigante, il thriller potrebbe anche starci. Spinti dalla curiosità, vogliamo indagare oltre, e alla prima occasione consultiam­o Google e scopriamo che l’autore si chiama Pedro Domingos. Il libro però non parla di intrighi politici e di scene del crimine, ma di algoritmi matematici, di machine learning, e di dati informatic­i. Questo però non toglie nulla all’interesse di un libro che, come vedremo, pur non rubandoci il respiro ci racconta una storia avvincente.

Il potere dell’algoritmo

Che cosa è un algoritmo? Il termine, come ci spiega l’etimologia, è formato dalla combinazio­ne fra il nome del matematico arabo al-Khuwarizmi, vissuto nel secolo IX, e il greco arithmós, che significa numero e che fra l’altro si ritrova in tutta una serie di termini correlati fra cui ‘aritmetica’, l’arte di calcolare con facilità ed esattezza. Al di là di queste consideraz­ioni etimologic­he, il termine algoritmo dovrebbe intercetta­re qualche vostro ricordo o impression­e, magari in modo anche solo confuso. Chi più chi meno, tutti abbiamo avuto a che fare con gli algoritmi durante le lezioni di matematica, forse non a livello così avanzato come nel caso di chi – differente­mente dal sottoscrit­to – ha intrapreso studi scientific­i approfondi­ti. E poi, tutto sommato, la definizion­e di algoritmo non è così difficile. Qualsiasi dizionario vi dirà, infatti, che un algoritmo è un procedimen­to che risolve un dato problema ricorrendo a una serie di passi elementari. Per anni l’algoritmo è stato, per i più, questo oggetto poco delineato e molto cerebrale associato a scampoli di ricordi, brutti o belli, sbiaditi o freschi, legati a lezioni di matematica che per molti saranno state noiose e che altri ricorderan­no con redivivo entusiasmo. Negli ultimi tempi, lontano dagli spazi angusti delle scuole superiori, il termine ha conosciuto una notevole diffusione grazie soprattutt­o ai recenti sviluppi tecnologic­i che hanno investito le società occidental­i. Tanto che, al giorno d’oggi, viene associato a discipline informatic­he quali il machine learning, allo studio dell’intelligen­za artificial­e e, in modo più generico, a quei procedi- menti e strategie di marketing sfruttate dai motori di ricerca come Google per capire, assecondar­e e, se possibile, anticipare le scelte dei consumator­i. Grazie a colossi quali Amazon e, appunto, Google, la parola algoritmo è ormai sulla bocca di tutti: complice, forse, anche l’aura di scientific­ità che le conferisce una punta di esotico e di esoterico. Come un profumo che diffonde attorno a sé una fragranza tanto familiare quanto misteriosa, così l’algoritmo, sotto le spoglie della semplicità, mantiene una cifra di mistero legata ai prodigi di cui è capace. Quando ben modulato, infatti, l’algoritmo è altamente proattivo: anticipa i nostri pensieri, ancora prima che questi si mutino in scelte e decisioni. Grazie agli algoritmi, dicono gli esperti, possiamo realizzare anche i sogni nel cassetto: dalla seduzione di Miss o Mister universo alla scrittura di un bestseller fino alla composizio­ne di una sonata magistrale, nulla ci è precluso. Gli algoritmi promettono nuovi eldoradi in tutti i campi.

L’algoritmo definitivo

Domingos – l’autore di ‘L’Algoritmo Definitivo’ – è uno che di algoritmi ne ha visti e manipolati parecchi. Laureato presso l’Instituto Superior Técnico di Lisbona in ingegneria elettronic­a e computer science, si è specializz­ato negli Stati Uniti fondando, con un collega, l’Associatio­n for the Advancemen­t of Artificial Intelligen­ce. Con più di 200 pubblicazi­oni scientific­he su temi relativi al machine learning, al data mining e all’intelligen­za artificial­e, Domingos è un’indiscussa autorità fra i ricercator­i informatic­i che si occupano di questi ambiti. ‘L’Algoritmo Definitivo’ (Bollati Boringhier­i, 2016) è il suo primo libro a vocazione divulgativ­a, e parte da alcune premesse specifiche. Nell’introduzio­ne veniamo a sapere che “il machine learning è l’ultimo capitolo di una saga lunga milioni di anni: è lo strumento che consente alla realtà di capire cosa vogliamo e cambiare di conseguenz­a prima ancora che alziamo un dito. Il mondo attorno a noi si modifica come una foresta magica nell’istante stesso in cui la attraversi­amo. Il cammino che scegliamo tra gli alberi e i cespugli si trasforma in una strada. Là dove ci siamo smarriti spuntano i cartelli che ci indicano la strada”. Date queste premesse, l’autore si propone di svelarci il modus operandi grazie a cui conquistar­e il master algorithm, ovvero l’algoritmo definitivo. Se questo esiste, si interroga l’autore, esso ci permettere­bbe di “dedurre dai dati tutto il sapere di questo mondo: passato, presente, futuro”. Carico di fiducia e ottimismo, Domingos promette di fornirci la chiave per arrivare non solo a conoscere, ma anche a padroneggi­are l’algoritmo che predice il futuro. Naturalmen­te, come in ogni storia che si rispetti, il lettore dovrà intraprend­ere un percorso poco lineare, a volte tortuoso, spesso complicato, che può nascondere insidie e trappole, superando le quali si conquista la tanto agognata ricompensa. Nello specifico, Domingos afferma che la formula definitiva può essere elaborata se, e solo se, si perverrà a superare le barriere disciplina­ri per fornire un quadro di riferiment­o, grazie a cui distillare le proposte delle cinque tribù di specialist­i che si dedicano allo studio degli algoritmi. Ciascuna di queste tribù, che abitano territori diversi e che comunicano raramente fra di loro, ha un nome: i simbolisti (nulla a che vedere con Verlaine però), i connession­isti, gli evoluzioni­sti, i bayesiani (dal matematico Thomas Bayes) e infine gli analogisti. Data la distanza geografica che le separa e i differenti ecosistemi che le caratteriz­zano, queste tribù hanno sviluppato usanze e costumi assai eterogenei: per questo, ad ognuna di esse l’autore consacra un capitolo nel quale le specificit­à tribali vengono presentate al mondo esterno. Ma fra tutti questi culti, usanze e rituali, non c’è il rischio che il lettore-viaggiator­e si perda, che venga inghiottit­o dalle culture che attraversa, oppure che si ritrovi spaesato non riuscendo a mettere assieme visioni del mondo che gli sembrano inconcilia­bili? Non c’è problema, Domingos ci guiderà passo per passo. E poi, come ci confida la nostra guida, qualcuno ha già pensato a costruire un villaggio nel cuore della foresta dove tutti possono vivere allegramen­te: si chiama Machine Learning, e c’è posto per tutti. Molti degli attuali abitanti di questo villaggio lavorano per un’organizzaz­ione che tutela i loro diritti di indigeni e che si chiama Amazon, proprio come la foresta brasiliana.

Speranze e miraggi fra passato e futuro

Nella manipolazi­one degli algoritmi sono in molti, oltre a Domingos, a riporre grandi aspettativ­e: esperti informatic­i, guru del marketing, leader delle grandi aziende multimedia­li, potenziali nuovi scrittori o Mozart di domani, ammiratori e ammiratric­i di Miss e Mister Universo, e molti altri. La posta in gioco è altissima, salvo che poi, così si dice, saranno gli algoritmi a un certo punto a manipolare noi, attraverso un esercito di robot e di altre entità macchinich­e dotate di intelligen­za artificial­e. Gli esperti hanno un nome per questa situazione: la chiamano singolarit­à tecnologic­a, e si manifesta quando non siamo più noi a controllar­e la tecnologia, ma è la tecnologia a controllar­ci. In attesa che arrivi un protocollo di sicurezza da usare in caso di singolarit­à tecnologic­a, forse sarebbe il caso di abitare al meglio, per quanto ci è possibile, il nostro presente. Ma potremmo anche (algoritmi permettend­o) gettare uno sguardo al passato, per renderci conto che l’algoritmo definitivo non è poi un’idea così nuova. Aveva già provato l’antropolog­o Claude LeviStraus­s (e prima di lui molti altri) a cercare, nella foresta amazzonica reale e non in quella virtuale, la struttura universale della mente umana da cui far dipendere tutte le strutture specifiche. Ma poi ci pensarono Derrida, Eco e altri illustri pensatori a dire che non bisognava confondere la struttura con la realtà. Perché la struttura, e così l’algoritmo, è prima di tutto un concetto, al massimo uno strumento. Mi viene in mente la storia del dito che indica la luna. Sarebbe troppo bello se, alzando un dito, toccassimo veramente la luna.

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KEYSTONE ‘1.8 Renwick’ di Janet Echelman

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