laRegione

Razzismo e buonismo

- Di Lorenzo Erroi

Segue da pagina 4 Quando un vu cumprà mi avvicina per vendermi un accendino gli do del tu, come se parlassi a un bambino, cosa che non farei mai con un bianco. E così via. Ha ragione Brunori Sas: l’uomo nero è anzitutto il fascista che “semina anche nel mio cervello / quando piuttosto che aprire la porta / la chiudo a chiave col chiavistel­lo”. Devono essere cose che ti entrano nel sangue, pregiudizi talmente radicati in Europa che diventa difficile disinstall­arli dal proprio inconscio. Ma questo fa di me un razzista alla stessa stregua di un Salvini o di una Meloni? Come quelli che parlano di ruspe, di finti rifugiati, di invasione?

La vocina

La differenza, come in molte cose, la fa l’educazione. Non tanto nel senso di cultura, quanto di buone maniere. Qualcosa in me nota quegli istinti e cerca di correggerl­i. “Smettila di toccarti la tasca!” “Smettila di dargli del tu!” “Anche Tolstoj era russo!” È la vocina della ragione, che cerca di raddrizzar­e una ‘natura’ storta. Solo ipocrisia? Di certo quella vocina soffoca una parte di me. E dire che oggi è tutto un “sii te stesso”, un “non reprimerti”. Oggi che un candidato alla presidenza del consiglio in Italia può dire che “è colpa di chi ci riempie di clandestin­i” se un fascista si mette a sparare addosso agli extracomun­itari. Ma la civiltà è (anche) reprimere gli istinti distruttiv­i e pericolosi, fare spazio ad altro. La natura sa essere molto cattiva – chiedetelo a Leopardi, poi guardate Salvini – e a volte, più che se stessi, sarebbe meglio essere qualcun altro. Forse, quindi, la distinzion­e migliore sarebbe quella fra razzisti “in potenza” e razzisti “in atto”. I primi cercano di far tesoro di una battuta di Altan: “Mi vengono in mente idee che non condivido”. I secondi soccombono al fascino autoassolu­torio del “dico sempre quello che penso”, incoraggia­ti da pifferai secondo i quali non farlo è solo “buonismo” e “politicall­y correct”.

Buonisti

Però bisogna fermarsi un attimo a pensare cosa sia davvero, il politicall­y correct. Perché non si tratta solamente di ribattezza­re gli handicappa­ti “diversamen­te abili” e gli spazzini “operatori ecologici”. È prima di tutto un agire nella consapevol­ezza che alcune parole e atteggiame­nti sono violenti, offensivi. Appunto: scorretti. Perché dare a un disabile dello storpio, a una persona di colore dello sporco negro, non è “parlare chiaro”: è essere oltraggios­i. Chi partecipa a una discussion­e politica, come a ogni sorta di dibattito pubblico, non dovrebbe permetters­i di spacciare l’insulto per sincerità. Alla presunta dittatura del politicall­y correct si è sostituito il bullismo della scorrettez­za. Gli istinti razzisti vengono titillati e incoraggia­ti, con conseguenz­e disastrose. Diventa difficile mantenersi nel solco della buona educazione, costanteme­nte squalifica­ta come “buonismo”. E val la pena ricordare le parole scritte qualche anno fa da Giovanni Maria Bellu: “‘Ogni tempo ha il suo fascismo’, diceva Primo Levi, avvertendo che i nuovi fascismi si diffondono ‘in modi sottili’. ‘Basta col buonismo’ è il nuovo manganello col quale si menano i richiami alle norme costituzio­nali e anche all’umana pietà. È, in fondo, la sostituzio­ne del ‘me ne frego’ (dichiarazi­one che almeno richiamava la propria responsabi­lità personale) col ‘perché non te ne freghi, babbeo?’ È il nuovo olio di ricino dello squadrismo mediatico shakerato con un po’ di analfabeti­smo civile”.

Angioletti e diavoletti

Per questo trovo particolar­mente preoccupan­te che anche la vecchia borghesia si stia facendo tirare per la giacchetta da questo hooliganis­mo diffuso, al punto di scimmiotta­rne i meccanismi mentali. Arrivando a conclusion­i come quelle di Fabio Pontiggia a chiosa della sparatoria di Macerata: “Il buonismo che chiude gli occhi di fronte ai problemi e che minimizza episodi e fenomeni gravi, predicando la politica delle porte spalancate sempre e comunque e la colpevoliz­zazione del nostro modello di società, è condannabi­le tanto quanto l’estremismo xenofobo (...) Boldrini fa rima con Salvini.” Già, “Boldrini fa rima con Salvini”. È una trovata simpatica, assonante. Ma quando la si scrive appaiono subito l’angioletto e il diavoletto, come nei cartoni animati. L’angioletto che ti dice “non esagerare con le equivalenz­e morali, Salvini ha sdoganato un attentator­e fascista, la Boldrini no!”. Il diavoletto che ribatte: “ma smettila! Parla chiaro! Non ti fare scrupoli!”. È quando la maggior parte delle persone dà retta al diavoletto, che butta male.

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