L’arma della rabbia
Gli studenti si mobilitano dopo la strage di Parkland: il 24 marzo corteo a Washington Manifestazioni sabato in varie località della Florida. Altre proteste in programma nelle prossime settimane. Mercoledì Trump ‘ascolterà’ gli studenti.
Washington – Una grande mobilitazione che arrivi a Washington con una manifestazione in programma il 24 marzo per fare pressione sul mondo della politica per potenziare il controllo sulla circolazione delle armi. Questo l’obiettivo del corteo indetto per iniziativa di sopravvissuti della strage alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida, dove il 19enne Nikolas Cruz ha aperto il fuoco uccidendo 17 persone. Lo ha annunciato un gruppo di studenti alla Cnn, mentre migliaia di persone sabato sera hanno manifestato a Fort Lauderdale e a St. Petersburg chiedendo una azione immediata per nuove leggi sulle armi. Altre dimostrazioni sono previste, tra cui l’appello ad una ‘serrata’ di protesta di 17 minuti di insegnanti e studenti il 14 marzo. Il presidente Donald Trump gioca su due fronti. Mercoledì vedrà gli studenti (non è ancora chiaro quali) peruna “sessione d’ascolto”, dopo la tragedia di Parkland. E l’indomani incontrerà anche responsabili locali per discutere di sicurezza nelle scuole. Nel frattempo scaglia l’attacco all’Fbi, rea di aver ignorato gli avvertimenti che avrebbero poi portato alla strage di studenti nel liceo della Florida, accusandola di passare “troppo tempo nel tentativo di dimostrare la collusione russa con la campagna di Trump. Non c’è nessuna collusione. Ricominci daccapo e ci renda tutti orgogliosi”, tuona in un tweet. Il Bureau ha ammesso di non aver agito dopo gli avvertimenti sul conto del killer del liceo di Parkland dove 17 studenti sono stati uccisi. Lo aveva specificato nei giorni scorsi riferendo che il protocollo non era stato seguito su una chiamata di avvertimento dello scorso cinque gennaio. Il governatore della Florida Rick Scott aveva chiesto le dimissioni del capo dell’Fbi, ma Trump – che pure in passato e su altri temi non aveva fatto mancare le sue critiche al Bureau – ancora così non si era espresso.
Frustrato per il Russiagate
Il weekend però – passato dal presidente nel suo resort di Mar a Lago in Florida dove si è recato dopo aver incontrato sopravvissuti della strage nella scuola, medici e soccorritori – è segnato da una raffica di tweet attraverso i quali manifesta soprattutto la sua frustrazione verso l’inchiesta sul cosiddetto Russiagate, fino a scandire: “A Mosca se la stanno ridendo!”. Torna così a respingere con forza le ipotesi di collusione, ma anche a difendere la sua criticata scelta di non aver puntato il dito contro la Russia in maniera più
netta, tacciato per questo di contraddire quanto l’intelligence americana sosteneva parlando per mesi di prove sulle interferenze russe: “Non ho mai detto che la Russia non si sia intromessa nelle elezioni, ho detto ‘potrebbe essere la Russia o la Cina o qualsiasi altro Paese o gruppo, o potrebbe essere un genio di 180 chili seduto a letto giocando al computer.’ – ha scritto –. La ‘beffa’ russa è stata che la campagna di Trump era in collusione con la Russia – non è mai successo!”. Venerdì il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller, ha annunciato che un grand giurì federale ha incriminato 13 cittadini russi e tre entità russe nell’ambito delle indagini sulle interferenze di Mosca nelle elezioni presidenziali americane del 2016. «Senza prove sono solo chiacchiere», ha replicato dalla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.