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Erdogan: purché contro i curdi

Anche il governo di Damasco invia forze verso l’enclave di Afrin, da un mese sotto il tiro di Ankara

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Il presidente turco avverte che non accetterà interferen­ze nella sua guerra all’Ypg. Se Assad ‘si adeguerà’ potrà essere un ‘buon’ vicino.

Damasco/Istanbul – Turchi e siriani si danno il cambio sul fronte di Afrin, ma le loro ragioni opposte preludono a una nuova guerra nella guerra di Siria. Forse già oggi, forze filo-governativ­e siriane entreranno nell’enclave curda di Afrin, a un mese esatto dall’inizio dell’offensiva della Turchia per strapparla alle milizie dell’Ypg. Non vi sono ancora conferme ufficiali, ma l’annuncio dato dai media di Stato di Damasco, con il via libera dei curdi, apre a una nuova svolta nel conflitto. “Nessuno – ha infatti avvertito il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu – può fermare le forze turche se il regime entra ad Afrin per proteggere l’Ypg. Ma se il regime entra ad Afrin per eliminare l’Ypg non c’è nessun problema”. Parole che hanno anticipato quelle rivolte da Recep Tayyip Erdogan a Vladimir Putin: nessuno pensi di mettersi di traverso sulla strada di Ankara. Dietro le quinte, Russia e Iran – principali sponsor di Bashar al Assad – provano a mediare con la Turchia per evitare il rischio di un conforto diretto con le forze di Damasco, che potrebbe far naufragare gli accordi di Astana. Ieri pomeriggio, Putin si è sentito dire da Erdogan che la Turchia intende andare sino in fondo ad Afrin, vale a dire “neutralizz­are” i militanti curdi dell’Ypg che ritiene alleato del Pkk e dunque proprio nemico. E proprio i curdi, dopo essere stati la fanteria della guerra contro l’Isis, potrebbero fare le spese di un eventuale accordo. L’intesa Mosca-Ankara-Teheran-Damasco, secondo fonti locali, potrebbe portare all’ingresso ad Afrin di circa quattromil­a combattent­i delle “forze popolari” pro-Assad, attraverso un corridoio controllat­o da miliziani sciiti filo-iraniani nella provincia di Aleppo. Damasco tornerebbe così ad avere la sua finestra sul confine turco, persa oltre cinque anni fa, con 52 postazioni lungo i 160 km di frontiera dell’enclave curda. Se si trovasse il modo di assecondar­e le richieste di Erdogan, potrebbe anche giungere una nuova spinta al negoziato a tre sul futuro della Siria, dopo i boicottagg­i e le polemiche alla conferenza di Sochi del mese scorso. Un mese di bombardame­nti aerei e d’artiglieri­a ad Afrin, con l’appoggio di milizie locali sul terreno, ha portato Ankara alla conquista di una settantina di villaggi e colline strategici nei pressi del confine. I miliziani dell’Ypg e dell’Isis “neutralizz­ati”, secondo l’esercito, sono oltre 1’600. Erdogan potrebbe persino accettare di tornare ad avere Assad vicino di casa, purché possa brandire un successo contro il “nemico curdo” in vista del prossimo anno elettorale.

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KEYSTONE Il nemico del mio nemico

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