Per 5 mesi indifesa e senza figlia
Giovane mamma a processo in Pretura penale per violazione del dovere di assistenza
La donna, vittima delle violenze del marito, aveva accettato di affidare la bimba alla zia, a sua volta denunciata per abusi
Lesioni, minaccia, ingiuria, violazione del dovere di protezione e, ancora, furto: solo alcuni fra la decina di capi d’imputazione che avevano portato, nell’agosto del 2016, alla condanna di un padre di una bambina di poco più di due anni (all’epoca dei fatti) per una serie di violenze commesse sulla madre della bimba, nonché moglie. Ieri, a un anno e mezzo dalla lettura di questa sentenza, alla Pretura penale di Bellinzona, è comparsa la vittima (al pari della figlia) di questi fatti: una giovane mamma della regione, che si era vista, a sua volta, infliggere, nello stesso periodo, un decreto d’accusa dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni (che aveva coordinato le indagini) per violazione del dovere d’assistenza o educazione nonché per contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti (reato questo al momento prescritto). Alla giovane mamma era stata irrogata una condanna per decreto, impugnato, a 90 aliquote giornaliere sospese per due anni: 20 in meno rispetto al marito (di allora) il quale, per riprendere uno dei ricordi della donna riemersi in aula, una notte l’aveva trascinata per i capelli con la forza strappandola dal lettone in cui dormiva con la figlia per picchiarla. Di fronte alla giudice di Pretura penale Patrizia Gianelli la donna, difesa dall’avvocata d’ufficio Laura Rigato, ha rievocato in tutta la sua drammaticità la solitudine in cui è piombata. Momenti commoventi, resi ancora più tristi dal contesto familiare dell’imputata: orfana di padre (che ha scoperto negli anni suicida) e orfana di madre. Il Decreto le rimprovera di aver tollerato che la bambina assistesse a scene di violenza fisica e verbale (di cui lei stessa era vittima) da parte del padre; di aver affidato ripetutamente alle cure improvvisate di amici e conoscenti la figlia destabilizzandone la crescita e, pure, di aver conservato, presso la propria abitazione, della marijuana senza prendere – così recita il Decreto – precauzioni verso la bambina.
La Difesa: ‘Il caso più toccante’
Il periodo che si apre dopo la crisi coniugale è molto difficile. La giovane ha raccontato che non sapeva dove sbattere la testa, di essersi trovata senza supporto, sola con una bambina. È così che decide di rivolgersi alla nonna, benestante, con cui peraltro è stata costretta a riallacciare i rapporti lasciandosi alle spalle screzi e soprusi vari. Nonna che però non fa altro che peggiorare il quadro. La giovane si fa infatti convincere ad affidare la figlia – così da metterla al riparo dal clima di tensione col padre da cui vuole chiedere il divorzio, dal cambio di casa e dal nervosismo che si accumulava con l’inchiesta di polizia – nelle mani della zia, che vive
oltre Gottardo. Sembra una saggia decisione, invece questa scelta peggiora l’esistenza dell’imputata. La zia si rifiuterà di riaffidarle la bambina, perfino quando questa si presenta a casa sua supplicando la parente, e, come se non bastasse, la figlia subisce abusi vari (nei suoi confronti è stata sporta denuncia). Dal canto suo l’avvocata Rigato ha criticato il modo in cui è stata condotta l’inchiesta: «La pp non ha mai incontrato la mia cliente. Non ho mai visto un caso così triste», ha rilevato chiedendo l’assoluzione. Certificati medici alla mano ha garantito sullo sviluppo della bambina, come fatto da un’operatrice invitata a deporre come teste, che ha rassicurato sull’amorevole attenzione della madre. «Non c’era nessuno che credesse in me; solo delle accuse», è sbottata questa in aula. «Non sarò la miglior mamma, ho i miei difetti, ma ho cercato di fare del mio meglio: lotterò sempre per mia figlia», ha detto commuovendo tutti. Lunedì la sentenza.