‘A Casa San Carlo, disagio e sfiducia’
Dipendenti dell’istituto per anziani di Locarno denunciano una situazione di lavoro precaria
Dipendenti dell’istituto anziani confidano i motivi di un malcontento diffuso: dai criteri di promozione alle ‘cadute’ improvvise. Con un allarme: ‘Ne risente la qualità delle cure’.
Nomine discutibili, decisioni prese ma smentite nel giro di pochi giorni, frontalieri ‘preferiti’ ai residenti: ecco i motivi del malcontento
Avvicendamenti continui nei posti di responsabilità, decisioni calate dall’alto senza motivazioni plausibili, informazioni trasmesse “urbi et orbi” con grande disinvoltura e scarso rispetto delle persone coinvolte, oppure centellinate e contraddittorie. È un campionario di criticità, quello che emerge dalle testimonianze che la ‘Regione’ ha raccolto fra i dipendenti di Casa San Carlo nei giorni immediatamente successivi la clamorosa notizia del prematuro abbandono della carica da parte del direttore Stefano Hefti. Testimonianze che restituiscono un quadro ovviamente parziale di quanto ancora accade all’interno dell’istituto comunale per anziani, ma che sono emblematiche di una nuova fase lavorativa contraddistinta ancora da confusione e mancanza di chiarezza a vari livelli. Premesso che tutti i dipendenti ascoltati hanno chiesto la protezione dell’anonimato per timore di ritorsioni, va sottolineato che le voci che si levano dalla casa per anziani contraddicono purtroppo con una certa severità il “mantra” secondo cui la situazione starebbe migliorando, più volte evocato a livello politico dal capodicastero incaricato, Ronnie Moretti. La cui figura, peraltro, viene generalmente dipinta con il delicato tratto di chi ha effettivamente provato a “normalizzare”, ma per motivi anche indipendenti dalla sua volontà si è rivelato non in grado di farlo.
‘Usate e poi messe da parte’
«Uno dei problemi principali è dato dalla sensazione di sfiducia che prova soprattutto chi è in casa da tanti anni – dice un’impiegata –. Questo perché recenti nomine in alcuni posti di responsabilità hanno riguardato persone mai viste prima, sono avvenute senza una “logica”, e se necessario anche calpestando i diritti di chi c’era già». Il riferimento è duplice: sia all’allontanamento delle due responsabili di reparto che per lungo tempo erano state “usate” per svolgere la funzione di cape delle cure (pur non avendo quel ruolo), sia agli avvicendamenti av-
venuti alla testa dei vari reparti dell’istituto. «Tutti sanno, all’interno di Casa San Carlo, che le due donne esautorate di recente non hanno caratteri facili – continua la dipendente –. Ma trattarle così è inaccettabile. Quando serviva, sono state chiamate a coprire la funzione di cape delle cure in mancanza di una figura di riferimento; ruolo che hanno svolto, seppur ufficiosamente, per circa 2 anni, curando anche la supervisione Rai per tutta la casa, la formazione degli allievi e i colloqui di lavoro. Poi, a seguito di un sondaggio interno da cui emergevano loro problemi comportamentali (reali) sono state convocate (metà ottobre 2017) e messe di fronte ad un ultimatum: o le cose sarebbero migliorate entro fine febbraio,
o sarebbero state allontanate. Ebbene, già pochi giorni dopo, precisamente il 31 ottobre 2017, sono state riconvocate e informate che erano libere di prendere le loro cose e andarsene. Tecnicamente, delle prospettazioni di disdetta». Lo stesso giorno, nel pomeriggio, la novità veniva comunicata al plenum dei dipendenti convocato in riunione straordinaria. «Siamo rimasti stupiti – ricorda uno dei presenti –, anche quelli che con loro avevano avuto dei problemi. Quando abbiamo chiesto spiegazioni, hanno tirato in ballo la tutela della “privacy”». Un’altra novità uscita da quell’incontro riguardava l’entrata in funzione, già dal 2 novembre, di un frontaliere assunto a concorso, senza Diploma of advanced studies (il Das), ma amico ed ex collega del nuovo capo delle cure. Frontaliera (e senza Das) è anche una nuova capo reparto promossa internamente, senza concorso. Das che invece era in corso d’ottenimento per altre due cape reparto. «Quel doppio caso – spiega un’altra impiegata – è se possibile ancora più inspiegabile. Una delle due infermiere aveva creato nel suo reparto un ambiente veramente positivo, anche a livello umano. A causa della situazione di confusione all’interno della casa le due avevano però chiesto di interrompere temporaneamente la formazione Supsi (che può essere “spalmata” su 3 anni). Il risultato? Sollevate entrambe dai rispettivi incarichi».