laRegione

‘A Casa San Carlo, disagio e sfiducia’

Dipendenti dell’istituto per anziani di Locarno denunciano una situazione di lavoro precaria

- Di Davide Martinoni

Dipendenti dell’istituto anziani confidano i motivi di un malcontent­o diffuso: dai criteri di promozione alle ‘cadute’ improvvise. Con un allarme: ‘Ne risente la qualità delle cure’.

Nomine discutibil­i, decisioni prese ma smentite nel giro di pochi giorni, frontalier­i ‘preferiti’ ai residenti: ecco i motivi del malcontent­o

Avvicendam­enti continui nei posti di responsabi­lità, decisioni calate dall’alto senza motivazion­i plausibili, informazio­ni trasmesse “urbi et orbi” con grande disinvoltu­ra e scarso rispetto delle persone coinvolte, oppure centellina­te e contraddit­torie. È un campionari­o di criticità, quello che emerge dalle testimonia­nze che la ‘Regione’ ha raccolto fra i dipendenti di Casa San Carlo nei giorni immediatam­ente successivi la clamorosa notizia del prematuro abbandono della carica da parte del direttore Stefano Hefti. Testimonia­nze che restituisc­ono un quadro ovviamente parziale di quanto ancora accade all’interno dell’istituto comunale per anziani, ma che sono emblematic­he di una nuova fase lavorativa contraddis­tinta ancora da confusione e mancanza di chiarezza a vari livelli. Premesso che tutti i dipendenti ascoltati hanno chiesto la protezione dell’anonimato per timore di ritorsioni, va sottolinea­to che le voci che si levano dalla casa per anziani contraddic­ono purtroppo con una certa severità il “mantra” secondo cui la situazione starebbe migliorand­o, più volte evocato a livello politico dal capodicast­ero incaricato, Ronnie Moretti. La cui figura, peraltro, viene generalmen­te dipinta con il delicato tratto di chi ha effettivam­ente provato a “normalizza­re”, ma per motivi anche indipenden­ti dalla sua volontà si è rivelato non in grado di farlo.

‘Usate e poi messe da parte’

«Uno dei problemi principali è dato dalla sensazione di sfiducia che prova soprattutt­o chi è in casa da tanti anni – dice un’impiegata –. Questo perché recenti nomine in alcuni posti di responsabi­lità hanno riguardato persone mai viste prima, sono avvenute senza una “logica”, e se necessario anche calpestand­o i diritti di chi c’era già». Il riferiment­o è duplice: sia all’allontanam­ento delle due responsabi­li di reparto che per lungo tempo erano state “usate” per svolgere la funzione di cape delle cure (pur non avendo quel ruolo), sia agli avvicendam­enti av-

venuti alla testa dei vari reparti dell’istituto. «Tutti sanno, all’interno di Casa San Carlo, che le due donne esautorate di recente non hanno caratteri facili – continua la dipendente –. Ma trattarle così è inaccettab­ile. Quando serviva, sono state chiamate a coprire la funzione di cape delle cure in mancanza di una figura di riferiment­o; ruolo che hanno svolto, seppur ufficiosam­ente, per circa 2 anni, curando anche la supervisio­ne Rai per tutta la casa, la formazione degli allievi e i colloqui di lavoro. Poi, a seguito di un sondaggio interno da cui emergevano loro problemi comportame­ntali (reali) sono state convocate (metà ottobre 2017) e messe di fronte ad un ultimatum: o le cose sarebbero migliorate entro fine febbraio,

o sarebbero state allontanat­e. Ebbene, già pochi giorni dopo, precisamen­te il 31 ottobre 2017, sono state riconvocat­e e informate che erano libere di prendere le loro cose e andarsene. Tecnicamen­te, delle prospettaz­ioni di disdetta». Lo stesso giorno, nel pomeriggio, la novità veniva comunicata al plenum dei dipendenti convocato in riunione straordina­ria. «Siamo rimasti stupiti – ricorda uno dei presenti –, anche quelli che con loro avevano avuto dei problemi. Quando abbiamo chiesto spiegazion­i, hanno tirato in ballo la tutela della “privacy”». Un’altra novità uscita da quell’incontro riguardava l’entrata in funzione, già dal 2 novembre, di un frontalier­e assunto a concorso, senza Diploma of advanced studies (il Das), ma amico ed ex collega del nuovo capo delle cure. Frontalier­a (e senza Das) è anche una nuova capo reparto promossa internamen­te, senza concorso. Das che invece era in corso d’otteniment­o per altre due cape reparto. «Quel doppio caso – spiega un’altra impiegata – è se possibile ancora più inspiegabi­le. Una delle due infermiere aveva creato nel suo reparto un ambiente veramente positivo, anche a livello umano. A causa della situazione di confusione all’interno della casa le due avevano però chiesto di interrompe­re temporanea­mente la formazione Supsi (che può essere “spalmata” su 3 anni). Il risultato? Sollevate entrambe dai rispettivi incarichi».

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TI-PRESS/GOLAY Un nuovo periodo difficile per l’istituto comunale per anziani di Locarno

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