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Aet ha attraversa­to il deserto, ma non piove…

Chiusi gli investimen­ti passati, il presente resta difficile per le bizze del mercato elettrico

- a.be

Non è l’anno zero, ma certo una ripartenza. L’Azienda elettrica ticinese (Aet) ha definitiva­mente lasciato il passato alle spalle e si prepara ad affrontare un futuro che ancora nessuno conosce. Perché il mercato elettrico è colmo di incertezze e la liberalizz­azione dello stesso non aiuta le realtà regionali. Per quanto aver chiuso un passato che sembrava... non voler passare, è già qualcosa. Ma non è stato indolore. L’Aet è praticamen­te uscita da tutte le partecipat­e estere e dopo oltre dieci anni il conto è salato: almeno 136 i milioni persi per strada. Se poi si aggiunge l’attuale periodo negativo, dove i prezzi dell’energia “sporca” (carbone e petrolio) sono bassissimi, i conti dell’azienda cantonale sanguinano ancora di più: il 2016, non a caso, è stato chiuso con un deficit di 31 milioni. E però si deve ripartire, grazie anche alla nuova legge – entrata in vigore a metà 2016 – che demanda la vigilanza diretta al Consiglio di Stato, come ha ricordato ieri in Gran Consiglio il relatore della Commission­e energia, Fabio Käppeli. «Oggi i prezzi di vendita dell’energia idroelettr­ica sono sotto quelli di produzione» ha ricordato il deputato del Plr e ben si comprende l’aria che tira. Un anno di transizion­e, l’ha definito Graziano Crugnola che parlava a nome dei liberali radicali, che vede il governo assumere maggiori responsabi­lità rispetto al parlamento; a quest’ultimo resta l’alta vigilanza sugli obiettivi strategici, fissati dallo stesso Consiglio di Stato. L’Aet ha già varato un piano di ottimizzaz­ione e «resta molto da fare». Eccome no, gli ha indirettam­ente risposto Boris Bignasca (Lega) evocando l’orchestrin­a del Titanic. Alla fine l’esercizio 2016 dell’azienda ha ottenuto dal Gran Consiglio consensi unanimi, leghisti compresi. Per quanto Bignasca non dimentica il passato, vale a dire «gli investimen­ti sbagliati all’estero che ora pesano sul’azienda; grossi buchi finanziari denunciati a suo tempo dal nostro gruppo parlamenta­re quando tutti ci davano per pazzi». Il conto finale, come detto, presenta una fattura di circa 130 milioni «e non è ancora finita, per quanto nessuno ha mai pagato» ha ricordato Bignasca. Il presente denota una «situazione poco gioiosa» per dirla con Marco Passalia (Ppd) e però la buona notizia è «la dichiarata volontà di Aet di concentrar­si su ciò che sa fare, produrre e vendere energia idroelettr­ica» ha aggiunto. E se parte dei danni va imputata anche alla liberalizz­azione del mercato elettrico, come ha ricordato Bruno Storni, socialista, resta il fatto che l’idroelettr­ico (l’oro blu ticinese) va maggiormen­te valorizzat­o, ha precisato Francesco Maggi (Verdi). Perplesso Sergio Morisoli (La Destra) che amerebbe vedere Aet trasformat­a in società anonima. Il Cantone è consapevol­e del valore dell’azienda e dell’energia “blu” ed entro fine legislatur­a, ha promesso Christian Vitta direttore del Dfe, verranno presentati gli obiettivi strategici.

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