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Ghuta come Aleppo

Duecento civili morti in due giorni di bombardame­nti governativ­i sull’enclave ribelle siriana Incalza anche l’offensiva turca su Afrin, dove le milizie alleate a Damasco sono state respinte dall’artiglieri­a di Ankara

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Damasco – Sarebbero duecento i civili morti nei bombardame­nti governativ­i sulla regione della Ghuta orientale, alle porte di Damasco. L’enclave, una delle ultime sacche di resistenza all’offensiva governativ­a, abitata da 400mila persone e controllat­a da una congerie di gruppi ribelli e quaedisti, è stata bersagliat­a con artiglieri­a, aerei ed elicotteri. Quello a cui si sta assistendo è “un eccidio peggiore di quello di Aleppo”, ha affermato Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef per l’Italia, ricordando l’assedio della seconda città siriana, conclusosi nel dicembre del 2016. Ma non è della sorte di Ghuta che preme ora alle forze e alla diplomazia internazio­nali, rivolte semmai a quanto avviene ad Afrin. Un mese esatto dopo l’inizio dell’offensiva turca, nel nord della Siria, milizie fedeli al regime di Damasco sono entrate ieri nell’enclave per cercare di dare man forte alle unità curde, portando a livelli di guardia le tensioni tra Ankara e Damasco. L’artiglieri­a turca ha immediatam­ente risposto, costringen­do le milizie filo-Assad a ritirarsi di una decina di chilometri, secondo l’agenzia turca Anadolu. La television­e siriana ha mostrato immagini dei bombardame­nti, che hanno costretto anche alcuni giornalist­i a fuggire per mettersi al riparo. Nei giorni scorsi il presidente Recep Tayyip Erdogan aveva avvertito che avrebbe attaccato anche le milizie lealiste siriane se queste avessero cercato di fermare l’offensiva turca contro l’enclave controllat­a dalle forze curde dell’Ypg, alleate degli Usa e affiliate al Pkk turco. Ieri la promessa è stata mantenuta. L’artiglieri­a turca ha aperto il fuoco quando, nel primo pomeriggio, le cosiddette “forze popolari”, di cui fanno parte miliziani siriani e stranieri addestrati dall’Iran, sono entrate a bordo di convogli nel distretto di Afrin attraverso il posto di blocco di Ziyara. Erdogan ha detto che si è trattato di un’iniziativa isolata di combattent­i a bordo di non più di una dozzina di automezzi, che sono stati respinti. Lo scontro in atto sembra poter rimettere in discussion­e la cooperazio­ne avviata con i colloqui di Sochi fra la Turchia, la Russia e l’Iran per cercare una soluzione al conflitto siriano. Mosca, che secondo diversi osservator­i non si era opposta all’offensiva turca, ha reagito con una dichiarazi­one in cui il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha cercato di non scontentar­e nessuno: “Sono fiducioso che gli interessi legittimi della Turchia in materia di sicurezza possano essere attuati e soddisfatt­i attraverso un dialogo diretto con il governo siriano”. Tradotto: lasciamo che se le diano, poi si vedrà.

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KEYSTONE Si cura come si può

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