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Un altro muro del pianto all’Olimpiade del ‘se non ora, quando?’

- Di Christian Solari

Addosso a un muro. Di nuovo. E neanche a farlo apposta è ancora il muro tedesco, proprio come a Mannheim nel 2010. Se è superfluo ricordare che questa è l’ennesima occasione sprecata, si può invece affermare che, a differenza dei Mondiali in Francia, un anno fa, la Svizzera esce di scena senza neanche poter dire di aver emozionato. In un torneo coreano che, oltretutto, è già meno emozionant­e di suo, azzoppato com’è dall’assenza delle stelle nordameric­ane. Sarà il gioco un po’ attendista di Fischer, o sarà che – come diceva lo stesso coach dopo la Cechia – «qualcuno non è concentrat­o». O magari, ancor più sempliceme­nte (vista la collocazio­ne disgraziat­a dei Giochi nel calendario, a ridosso dei playoff), che c’è parecchia gente non al top della forma. Indipenden­temente dai motivi, il risultato è che la Svizzera finisce con l’essere la copia sbiadita di quella parigina. E non dà mai, ma davvero mai, l’impression­e di meritar un posto al di là degli ottavi. Ciò che, comunque, sarebbe stato complicato pure nel caso in cui gli elvetici avessero battuto i tedeschi, poiché oggi avrebbero dovuto vedersela con una Svezia che è tra le più serie candidate al titolo. A ben vedere, quindi, se avesse davvero voluto puntare al podio, la Svizzera avrebbe dovuto ottenere l’accesso diretto ai quarti. Già oggetto di qualche (timido) rimprovero a fine gennaio, quando rivelò le sue scelte – la mancata convocazio­ne di Tanner Richard, a maggior ragione, risulta ancor più inspiegabi­le adesso –, ‘Fischi’ non può che ritrovarsi subissato di critiche per un fiasco che ha del clamoroso. E la più grande accusa che gli può venir mossa è il rendimento di un powerplay assolutame­nte indegno di tale nome, specialmen­te se rapportato alle difficoltà offensive di un gruppo che – tolto il clamoroso 8-0 ai coreani – nelle altre tre uscite ha totalizzat­o un gol a partita. Powerplay a cui il coach rossocroci­ato in stagione ha più volte giurato di metter mano, evidenteme­nte senza mai riuscirvi. E per capirlo non è neppure necessario dover scomodare le cifre (appena 1 gol in 12 occasioni ai Giochi, per la cronaca), visto che basta dare uno sguardo a ciò che capita sul ghiaccio. Alla fine, l’assenza dei giocatori Nhl ha finito col costar cara anche alla Svizzera. Infatti, scorrendo il roster, non è che nel nostro Paese ci siano poi tanti altri giocatori in grado di scippare il posto a quelli che Fischer ha scelto. Il ricordo più beffardo, pensando a quest’Olimpiade, rimarrà però senz’altro la (pur legittima) risposta di Eric Blum a chi, settimana scorsa, gli chiedeva se la Svizzera avesse delle chance di mettersi al collo una medaglia: «Se non ora, quando?», è stata la risposta del difensore del Berna. Già: quando.

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