Un altro muro del pianto all’Olimpiade del ‘se non ora, quando?’
Addosso a un muro. Di nuovo. E neanche a farlo apposta è ancora il muro tedesco, proprio come a Mannheim nel 2010. Se è superfluo ricordare che questa è l’ennesima occasione sprecata, si può invece affermare che, a differenza dei Mondiali in Francia, un anno fa, la Svizzera esce di scena senza neanche poter dire di aver emozionato. In un torneo coreano che, oltretutto, è già meno emozionante di suo, azzoppato com’è dall’assenza delle stelle nordamericane. Sarà il gioco un po’ attendista di Fischer, o sarà che – come diceva lo stesso coach dopo la Cechia – «qualcuno non è concentrato». O magari, ancor più semplicemente (vista la collocazione disgraziata dei Giochi nel calendario, a ridosso dei playoff), che c’è parecchia gente non al top della forma. Indipendentemente dai motivi, il risultato è che la Svizzera finisce con l’essere la copia sbiadita di quella parigina. E non dà mai, ma davvero mai, l’impressione di meritar un posto al di là degli ottavi. Ciò che, comunque, sarebbe stato complicato pure nel caso in cui gli elvetici avessero battuto i tedeschi, poiché oggi avrebbero dovuto vedersela con una Svezia che è tra le più serie candidate al titolo. A ben vedere, quindi, se avesse davvero voluto puntare al podio, la Svizzera avrebbe dovuto ottenere l’accesso diretto ai quarti. Già oggetto di qualche (timido) rimprovero a fine gennaio, quando rivelò le sue scelte – la mancata convocazione di Tanner Richard, a maggior ragione, risulta ancor più inspiegabile adesso –, ‘Fischi’ non può che ritrovarsi subissato di critiche per un fiasco che ha del clamoroso. E la più grande accusa che gli può venir mossa è il rendimento di un powerplay assolutamente indegno di tale nome, specialmente se rapportato alle difficoltà offensive di un gruppo che – tolto il clamoroso 8-0 ai coreani – nelle altre tre uscite ha totalizzato un gol a partita. Powerplay a cui il coach rossocrociato in stagione ha più volte giurato di metter mano, evidentemente senza mai riuscirvi. E per capirlo non è neppure necessario dover scomodare le cifre (appena 1 gol in 12 occasioni ai Giochi, per la cronaca), visto che basta dare uno sguardo a ciò che capita sul ghiaccio. Alla fine, l’assenza dei giocatori Nhl ha finito col costar cara anche alla Svizzera. Infatti, scorrendo il roster, non è che nel nostro Paese ci siano poi tanti altri giocatori in grado di scippare il posto a quelli che Fischer ha scelto. Il ricordo più beffardo, pensando a quest’Olimpiade, rimarrà però senz’altro la (pur legittima) risposta di Eric Blum a chi, settimana scorsa, gli chiedeva se la Svizzera avesse delle chance di mettersi al collo una medaglia: «Se non ora, quando?», è stata la risposta del difensore del Berna. Già: quando.