laRegione

Signori, ridate quei soldi!

- Di Matteo Caratti

Una nuova bufera sta investendo le nostre istituzion­i cantonali. Sulla graticola c’è ora il governo, o meglio i governi degli ultimi anni e il cancellier­e, tirati in ballo per essersi attribuiti negli anni rimborsi spese, salari extra e doni, senza la necessaria base legale. E ciò malgrado le ripetute sollecitaz­ioni da parte del controllo cantonale delle finanze di sottoporre all’Ufficio presidenzi­ale del Gran Consiglio – competente per onorari e previdenze dei ministri – una richiesta formale per ottenere la necessaria base legale. Reazione, però, quasi nisba. A fare scoppiare ieri il bubbone è stato l’esposto di gennaio del deputato dell’Mps Matteo Pronzini, che ha inoltrato una segnalazio­ne al Ministero pubblico per l’ipotesi di reato di abuso di autorità. Esposto analizzato dal pg John Noseda che ha sì deciso per un decreto di abbandono (facendo difetto il dolo, cioè l’intenziona­lità), ma le cui motivazion­i si sono trasformat­e in benzina (diverse taniche) sul fuoco. Questo perché il magistrato, ricostruen­do la vicenda, ha riportato tutta una serie di raccomanda­zioni e richiami fatti negli anni dal controllo cantonale delle finanze circa la mancanza di base legale. Citiamo dalla decisione di John Noseda: ‘L’atteggiame­nto passivo per la durata di 6 anni da parte del governo, che ha omesso di presentare all’Ufficio presidenzi­ale la proposta di rimborso spese per formale approvazio­ne, appare oggettivam­ente ingiustifi­cato, pur se parzialmen­te scusabile tanto dal profilo istituzion­ale quanto da quello sostanzial­e’. In ogni caso dal profilo penale – osserva il procurator­e generale – ‘tale atteggiame­nto omissivo non è costitutiv­o del reato di abuso di autorità per assenza di dolo’. Si tratta di un comportame­nto ‘superficia­le e omissivo che può configurar­e una negligenza, ma non un dolo, neppure eventuale’. Insomma, decifriamo: il procurator­e generale ha sottolinea­to che l’Esecutivo ha tenuto un comportame­nto puramente passivo e omissivo e che in buona sostanza si è fidato troppo delle assicurazi­oni date dall’allora cancellier­e Giampiero Gianella. Resta il fatto che, nella sostanza che qui conta, il Consiglio di Stato si è attribuito soldi che non gli spettavano, poiché non c’era (e non c’è ancora) alcuna base legale. Tanti soldi: basti pensare ad esempio che, chi lascia la carica ad aprile a fine mandato, percepisce ben due salari supplement­ari. È dunque opportuno non solo fare la massima chiarezza su quanto accaduto, lanciando la commission­e della gestione sul dossier ‘caliente’ con poteri se del caso rafforzati (anche se letto il decreto di abbandono, diversi elementi ci sembrano già sufficient­emente chiari), ma pure chiedersi – e se lo domanderan­no anche i cittadini ticinesi – se chi ha beneficiat­o di salari e rimborsi spese senza la necessaria base legale non debba restituirl­i. In questo senso, se nelle prossime settimane ci fosse un qualche atto spontaneo da parte di qualche ministro, non sarebbe male. Non da ultimo andrà meglio elucidata anche la posizione, traballant­e, del cancellier­e ‘consiglier­e’ dell’intero governo e di chi, ancora una volta, ha tranquilla­mente provveduto a fare pagamenti senza base legale. Se faranno finta di nulla, in parlamento ci si spinga senza esitazione alcuna oltre. Oltre le competenze della commission­e della gestione e la sottocommi­ssione delle finanze. Ovvero in zona Inquirente. Il caso è grave e ancora una volta, come con Argo 1, sono stati versati denari pubblici senza uno straccio di base legale. Signori, così non va.

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