Ma a far male è il cuore
Un problema al ginocchio sinistro manda fuori pista Lara Gut in discesa e la costringe a chiudere anzitempo i suoi Giochi
È stato il ginocchio a mettere la parola fine alla seconda avventura olimpica di Lara Gut. Il sinistro, quello rotto durante i Mondiali di St. Moritz e operato praticamente un anno fa (il 20 febbraio 2017), “colpevole” di essersi irrigidito poco prima di un dosso e di non aver permesso alla ticinese di raddrizzare la linea per affrontare nel modo giusto il salto, costringendola a mancare la porta successiva. Fine della discesa olimpica e fine dei Giochi per la 26enne di Comano, che ha deciso di rinunciare alla combinata per non sforzare ulteriormente l’articolazione. A fare davvero male, però, è ancora una volta il cuore...
Segue dalla Prima Ancora una volta, perché tutto si può dire, tranne che tra le Olimpiadi e Lara Gut sia amore. Anzi, il rapporto tra l’evento sportivo per eccellenza e una campionessa giovane ma che ha già vinto quasi tutto nel suo sport (tranne appunto un titolo a cinque cerchi o mondiale) era e rimane a dir poco tormentato. A maggior ragione dopo un’edizione che per la ragazza cresciuta sulle nevi di Airolo sembrerebbe ancora più dura da digerire di quella di quattro anni fa a Sochi, da dove nonostante i lacrimoni versati per quei 10 centesimi che le erano mancati in discesa per raggiungere sul gradino più alto del podio Dominique Gisin e Tina Maze (senza contare che in superG era rimasta a 7 centesimi dal bronzo), era comunque tornata a casa con una medaglia. Stavolta invece nemmeno quella: nella sua valigia per il ritorno in Svizzera (previsto oggi) ci sarà spazio solo per l’amarezza per un’eliminazione dopo poche porte in gigante, un dolorosissimo quarto posto (a un solo piccolo centesimo dalla medaglia di bronzo) nel “suo” superG e un’uscita di scena senza gloria nella disciplina regina. O forse no. Perché se è vero che anche in Corea la vincitrice della Coppa del mondo generale 2016 non è riuscita a nascondere la delusione per la mancata medaglia (l’oro, perché lo sconforto al traguardo del supergigante è arrivato ben prima che la Ledecka la buttasse fuori dal podio), allo stesso tempo a Pyeongchang abbiamo visto una Lara Gut diversa, più pronta ad accettare la sconfitta e il fatto di non poter sempre essere davanti. A maggior ragione dopo il gravissimo infortunio di un anno fa, che ha inevitabilmente condizionato il suo approccio a questi Giochi. Sotto l’aspetto sportivo, visto che l’operazione e la lunga riabilitazione oltre a rallentarne la preparazione estiva, l’hanno privata di tante ore sulle piste, cosa mica da poco per una che nel feeling con la neve e nelle sensazioni ha alcuni dei suoi maggiori atout. Ma anche dal punto di vista mentale, con la persona che – come aveva
spiegato lei stessa a fine settembre a Zermatt nella prima conferenza stampa dopo l’infortunio – ha chiesto e ottenuto spazio all’atleta. Da una parte la voglia, quasi l’esigenza di essere la numero uno, sempre e comunque; dall’altra la consapevolezza che nella vita a contare non sono solo gare e allori («una medaglia o una vittoria non contano nulla se non si è felici», aveva detto). Quindi sì, a fare più male a Lara in questo momento è probabilmente il cuore, ma forse stavolta ci metterà un po’ meno a guarire. E poi saranno di nuovo guai per tutte.