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Rimborsi, non si esclude una Cpi

Il Gran Consiglio chiede alla Gestione per la seduta di marzo un rapporto sui benefit del governo

- Di Andrea Manna

Il parlamento non impugna il decreto d’abbandono del pg, ma vuole chiarire la vicenda sul piano amministra­tivo

È piuttosto opaca, di certo non edificante per l’immagine istituzion­ale del Consiglio di Stato, questa storia dei rimborsi spese, dei regali e dei due mesi di stipendio dopo la cessazione del mandato. Benefit – incluse le indennità per il Cancellier­e – stabiliti dagli ultimi governi, compreso dunque quello in carica, per i propri membri. Benefit che avrebbe dovuto autorizzar­e per legge l’Ufficio presidenzi­ale del parlamento, se l’Esecutivo glieli avesse sottoposti per approvazio­ne. E ciò per il tramite dell’allora Cancellier­e dello Stato Giampiero Gianella. Una storia che comunque non finisce con l’abbandono del procedimen­to penale per il reato di abuso di autorità – l’indagine penale era scattata in seguito a un esposto del deputato Matteo Pronzini (Movimento per il socialismo) – decretato nei giorni scorsi dal procurator­e generale John Noseda. Perché se nella seduta di ieri il Gran Consiglio da un lato ha deciso di non impugnare davanti alla Corte dei reclami penali il verdetto del pg, dall’altro vuole vederci chiaro sul piano amministra­tivo e su quello delle responsabi­lità politiche. Con 64 voti favorevoli, nessun contrario e cinque astenuti, ha quindi formalment­e incaricato la propria Commission­e della gestione, che esercita l’alta vigilanza, a presentare per la prossima sessione del parlamento un rapporto preliminar­e sui benefit ‘illegali’ e, come suggerito dal capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni, «una valutazion­e sulla necessità o l’opportunit­à» di istituire una Commission­e parlamenta­re d’inchiesta. Era stato del resto lo stesso Agustoni a proporre, durante la discussion­e sfociata nella decisione di non ricorrere contro l’abbandono del procedimen­to penale, di dar vita a una Cpi, la seconda Commission­e parlamenta­re d’inchiesta di questa legislatur­a dopo quella sull’affaire Argo 1. L’esponente popolare democratic­o chiedeva che già ieri – richiesta poi ritirata – il Gran Consiglio prendesse una decisione di principio alla luce delle dure critiche all’operato del governo, anzi dei governi, e del Cancellier­e dell’epoca mosse dal procurator­e generale nelle otto pagine da lui firmate il 14 febbraio. E alla luce dei fatti ricostruit­i dal magistrato. Nell’aprile 2011, ha così ricordato Agustoni, «il governo approva la nota a protocollo 43 in cui stabilisce il rimborso spese forfettari­o di 15mila franchi e la nota 44 nella quale fissa un’altra serie di rimborsi e di trattament­i di fine funzione», fra i quali i due mesi di stipendio supplement­ari per i (gli ex) ministri, un regalo fino a 10mila franchi e le indennità del Cancellier­e. Alcuni giorni dopo «il Controllo cantonale delle finanze (Ccf, ndr) scrive al Cancellier­e rammentand­ogli l’obbligo per il Consiglio di Stato di far approvare queste note a protocollo dall’Ufficio presidenzi­ale (Up, ndr) del parlamento, ma non succede niente. Il 16 novembre – ha continuato Agustoni – il Ccf si presenta in governo: quest’ultimo incarica allora il Cancellier­e di sottoporre le note a protocollo all’Up del Gran Consiglio. Una settimana più tardi il Cancellier­e trasmette la 43 e tiene da qualche parte la 44. Il 12 dicembre l’Up ratifica la 43, ignorando l’esistenza della 44, che resta nel cassetto dove è stata infilata. Il 10 dicembre 2014 il Ccf sollecita il Consiglio di Stato dicendogli che la nota a protocollo 44 necessita della ratifica dell’Up, ma non succede nulla». Nel giugno 2015 «il Ccf (ri)sollecita formalment­e il gover-

no, ma non succede nulla». Nel luglio 2016 il Consiglio di Stato «adotta la nota a protocollo 103», con cui modifica lievemente la 44, e «comunica al Cancellier­e che va sottoposta all’Ufficio presidenzi­ale, ma non succede nulla». Scrive fra l’altro il pg nel decreto d’abbandono: “Tra il 2011 e il 2016 il governo ha adottato

risoluzion­i elaborate dal Cancellier­e (e relative alla remunerazi­one dei suoi membri) senza esaminare e senza controllar­e che le ripetute raccomanda­zioni del Controllo cantonale delle finanze, circa l’obbligo di approvazio­ne parlamenta­re, venissero rispettate dalla Cancelleri­a dello Stato”.

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TI-PRESS L’ex Cancellier­e dello Stato Giampiero Gianella

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