Ticino diviso su No Billag
Nella Svizzera italiana i sostenitori all’iniziativa raggiungono i contrari al 48% Sondaggio gfs.bern: a livello nazionale il 65% è a favore del canone. Lombardi: un Sì cantonale diminuirebbe la credibilità a Berna.
In Ticino sono aumentati del 23% rispetto a gennaio i favorevoli all’iniziativa ‘No Billag’ in votazione il prossimo 4 marzo, raggiungendo i contrari al 48%. A livello nazionale i No raggiungono invece il 65%, cinque punti in più dall’ultimo rilevamento. È quanto emerge dal secondo sondaggio dell’istituto gfs.bern pubblicato ieri. Nella Svizzera tedesca i contrari sono in aumento al 66% (+9%) e nella Romandia si situano al 64% (-3%). La quota di indecisi rimane stabile e debole al 2 per cento. Secondo il co-presidente del comitato ‘No Billag No Svizzera’ Filippo Lombardi, l’incremento del ‘sostegno ticinese’ all’abolizione del canone radiotelevisivo si spiega con una legittimazione di un voto tattico: «Siccome il sondaggio precedente dava i contrari in netto vantaggio, penso che molta gente si sia decisa per un voto di protesta contro la Rsi», dice a ‘laRegione’. «Questo ragionamento – aggiunge – è molto pericoloso, perché, malgrado la Ssr abbia già annunciato un ridimensionamento, potrebbe mettere in discussione la chiave di riparto». Infatti la Rsi riceve il 22% degli introiti del canone, al quale il Ticino contribuisce però solo nella misura del 4%. Per il Consigliere agli Stati Ppd potrebbero anche esserci delle conseguenze per la deputazione ticinese alle Camere federali: «Da anni ci battiamo per l’italianità e, ad esempio, per avere più italofoni nell’amministrazione federale. Se poi però i cittadini ticinesi faranno capire a Berna che di questo poco gli importa, anche altri discorsi, quindi non solo la questione radiotelevisiva, diventerebbero più difficili da affrontare». Insomma «il Ticino, la sua classe politica e in generale i cittadini perderebbero di credibilità in tutte le rivendicazioni basate sull’argomento della minoranza linguistica», sottolinea Lombardi. Tornando ai risultati del sondaggio, in generale, secondo gli autori, la gran parte degli interpellati si è oramai fatta una chiara opinione sull’iniziativa e la possibilità di un’inversione di tendenza durante le ultime fasi della campagna è poco probabile. Per quanto concerne le maggiori motivazioni del voto, le principali argomentazioni rimangono le stesse: il 60% dei fautori del Sì ritiene che siano necessarie misure di risparmio in seno alla Ssr. Sul fronte opposto, il 71% pensa che solo tramite il canone si possa garantire un’offerta di qualità equivalente in tutte le regioni linguistiche. A questo proposito Lombardi afferma che «gli svizzero-tedeschi sono sensibili a questo argomento. Se però gli chiudiamo la porta in faccia, evidentemente, non ci sarà più ragione di ricevere una simile generosità». La maggiore opposizione a No Billag si riscontra fra i simpatizzanti dei partiti di sinistra, rispetto a quelli della destra parlamentare, ha poi precisato gfs.bern. Solo fra i sostenitori dell’Udc l’iniziativa raccoglie una maggioranza di consensi: il 66% di essi è a favore, mentre il 41% la boccerebbe. Sulle tendenze di voto anche il gruppo editoriale Tamedia ha pubblicato ieri il suo terzo sondaggio. I risultati vanno nella stessa direzione di quelli dell’istituto bernese ma con uno scarto meno ampio: No Billag viene affossata dal 60% degli elettori e accolta dal 39%. La ‘bocciatura’ più decisa arriva dalla Svizzera romanda (63%) rispetto a quella tedesca (58%) e italiana (54%).
Riguardo al nuovo regime finanziario, gfs.bern ha rilevato che appena il 16% degli interpellati rifiuta di prolungare il diritto della Confederazione a prelevare l’Imposta federale diretta e l’Iva fino al 2035. Il tasso di indecisi in merito è ora del 10% (-5). La sola opposizione degna di nota, il 30%, proviene dai ranghi dell’Udc.
Pure su questo oggetto la Svizzera italiana si mette in evidenza con il maggior tasso di Sì (81%), seguita da quella tedesca (75%) e francese (68%). Anche in questo caso Tamedia ha rilevato scarti inferiori, ma pur sempre molto netti: il 71% di sì (+12%) a fronte del 19% di no e di un 10% di indecisi.