Il Gruppo banche (r)esiste
Il Comitato ha deciso di continuare. Nonostante il ridimensionamento della piazza e dei membri ‘La realtà chiassese ha ancora i suoi punti forti’, rassicura Matthias Anderegg, che ieri ha raccolto la presidenza da Giuseppe Canova
A Chiasso un Gruppo banche ha ancora senso? I primi a chiederselo in questo ultimo anno sono stati proprio loro, gli addetti ai lavori che siedono in Comitato, espressione di sei istituti cittadini. L’interrogativo, del resto, non è peregrino. Lo ammettono gli stessi operatori locali. E non solo perché in meno di 30 anni la piazza finanziaria ha perso un migliaio di posti di lavoro: erano 1’350, oggi sono 350 (ed è una stima). C’è di più. E questo sebbene pochi abbiano la voglia di volgere lo sguardo al passato, impegnati come sono a decriptare il presente per garantirsi il futuro. Sta di fatto che il Gruppo banche una risposta, e corale, se l’è data: si va avanti. «Non è parso adeguato dare un segnale negativo a Chiasso». Matthias Anderegg, direttore del Credit Suisse cittadino e da poche ore alla testa del Gruppo – presidenza che ha raccolto dal predecessore Giuseppe Canova –, la spiega così la decisione di continuare ad esistere, unicum in Ticino. O forse a resistere. Scongiurato quindi il rischio di finirla qui, averci pensato fa, però, un certo effetto, almeno vista da Chiasso. «Ci si è posti questa domanda perché la piazza finanziaria in questi anni ha conosciuto un ridimensionamento importante – ammette subito Anderegg –. Alcune banche hanno proprio abbandonato questa piazza. E il numero dei nostri membri non è in crescita, anzi, il contrario. Ma soprattutto in un’epoca in cui tanti istituti sono molto attenti ai costi, da diversi membri abbiamo captato che diventa difficile giustificare il budget da devolvere come quota sociale annuale al Gruppo. Tutte tendenze che ci hanno spinto a interrogarci». Per finire, però, non avete lasciato il campo. «Vogliamo mantenere una presenza – ribadisce Anderegg – e dare visibilità alle banche; spiegare alla popolazione cosa fanno. Pur se ridimensionate rispetto ai tempi d’oro svolgono un ruolo importante per l’economia cantonale e locale: ovvero tutto il settore industriale del Mendrisiotto e la clientela privata del posto, oltre a quella d’Oltrefrontiera». E ciò, nonostante le riconosciute incertez-
ze legate agli accordi in discussione con l’Italia e altre «peripezie», per dirla con il neopresidente. Che parla di «enormi sfide e cambiamenti epocali: la fine del segreto bancario e via elencando. Giusto un anno fa davanti all’assemblea del Gruppo banche si allontanava l’idea di una fuga da Chiasso, ma si confermava il sentore di una certa centralizzazione dei servizi. Oggi com’è la situazione? «È una tendenza generale in atto. Chiasso è periferica se paragonata ai centri finanziari importanti in Svizzera, quindi è esposta a queste dinamiche – annota Anderegg –. Nell’ultimo anno comunque direi che c’è stata una certa stabilità. Guardando avanti e pensando alla digitalizzazione o alle cryptovalute, non è da
escludere che vi siano altri passi in questa direzione. Rimane l’importanza, e va sottolineata, della consulenza personalizzata al cliente. E in questo caso, fortunatamente, servono le persone. Dentro le banche oggi non ci sono solo tecnologia o digitale, ma anche collaboratori ottimamente formati». Se dovesse individuare i punti forti degli istituti chiassesi? «Tuttora i pilastri del successo delle banche a Chiasso – insiste Anderegg – sono il servizio alla clientela industriale e l’assistenza ai privati. Rendiamoci anche conto che ci incuneiamo in una regione ricca come la Lombardia: al di là degli aspetti giuridici da chiarire con l’Italia, questo cela in ottica futura delle enormi opportunità». Chiasso potrebbe fare concorrenza a Milano? «Direi la piazza finanziaria ticinese. Il banking svizzero che si basa su una forte tradizione e un elevato standard di qualità ha ancora le sue carte da giocare». Anni fa le banche erano uno dei principali datori di lavoro a Chiasso, accanto alla Regie federali (Posta e Ferrovie). Oggi qual è l’immagine che hanno sulla piazza? «Posso raccontare la mia esperienza. Quando parlo con clienti o persone che conosco noto che l’immagine è buona; vengono percepite in modo positivo – ci dice in conclusione il presidente del Gruppo banche –. Spesso siamo noi dipendenti a essere più critici che non l’opinione pubblica».