Il metallo del Gladiatore
L’argento al collo e la schiena a pezzi. ‘Era come se avessi trent’anni di più’. Ma Bischofberger è indistruttibile.
Ralph Pfäffli, il coach della nazionale l’ha soprannominato ‘il Gladiatore’, perché Marc Bischofberger in pista fa cose impossibili, ma soprattutto non si dà mai per vinto. E pur se stavolta deve dichiararsi battuto (dal canadese Brady Leman), il ventisettenne si mette al collo la medaglia del secondo metallo più prezioso dopo l’oro. Riportando la Svizzera ai vertici dello skicross olimpico, otto anni dopo il titolo celebrato a Vancouver da Michael Schmid. «Ma ho avuto anche fortuna, e forse è stato quello a fare la differenza», dice il nuovo vicecampione olimpico. Forse pensando alla disavventura del giorno prima. La storia di ‘Bischi’, come lo chiamano i suoi amici, ricorda un po’ quella di Mathilde Gremaud, la diciottenne friborghese che era stata ricompensata con il secondo posto nello slopestyle, qualche giorno fa. Come lei, infatti, Bischofberger era rovinosamente caduto il giorno prima della gara in allenamento, mentre stava affrontando un salto. Non solo: ‘il Gladiatore’ era già finito a terra una prima volta lunedì, e poi una terza proprio durante il riscaldamento prima della gara. «Certo che, tutte queste cadute, sono davvero strane – racconta –. Di solito non mi succede. Il fatto è che quando mi sono svegliato, il giorno della gara, mi sembrava di avere trent’anni in più, a causa del mal di schiena. Fortuna che, però, una volta che la muscolatura si è riscaldata, la situazione era decisamente migliore». Poi, in gara, Bischofberger ha avuto pure problemi di altra natura. «È stata dura dover fare i conti con gente come Alex (Fiva, ndr) nei quarti e Armin (Niederer, ndr) in semifinale. Ed è vero che non mi sentivo bene, ma le condizioni erano perfette, pur se i salti si sono rivelati parecchio esigenti. In finale ho provato a rientrare su Brady, ma non ce l’ho fatta. E credo che alla fine i miei allenatori fossero più nervosi di me». Anche per Pfäffli la calma è uno dei punti di forza del suo pupillo. «Ai Giochi non bisogna riflettere troppo, perché tutto si gioca nella testa – dice il coach rossocrociato –. Tutti si sentono sul filo del rasoio, ma ‘Bischi’ no. Lui ha saputo mantenere la sua tranquillità». E la calma è la virtù dei forti. O, se preferite, dei gladiatori.