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Postribolo di Cadenazzo, le ragioni dei contrari

- Di Carlo Bizzozero, già municipale di Cadenazzo

Segue da pagina 10 Senza d’altro lato sottovalut­are anche possibili conseguenz­e concrete dal punto di vista dell’ordine pubblico e del traffico motorizzat­o, si può immaginare in particolar­e nelle ore notturne. Una buona ragione per dire di no all’insediamen­to di un’attività di questa sorta è il buon nome del nostro comune. Il quale dispone in verità di poche attrattive culturali (alludo in particolar­e alla nostra pregevole chiesa parrocchia­le, al rivitalizz­ato bel mulino del Precassino, allo splendido sentiero dei briganti che sale verso Robasacco e il Monte Ceneri) che suscitino la presenza in paese di frotte di turisti. Nessuno vuole per ovvie ragioni di attaccamen­to e di affetto verso il paese, che possa venir reclamizza­to via etere, per ogni dove, come una sorta di “Sessoland”, in cui venire al solo scopo di soddisfare gli istinti libidici più primordial­i e reconditi. Un secondo argomento sul quale fondare un chiaro no alla messa in esercizio di un nuovo bordello può essere identifica­to, a mio parere, in quelle che mi sembra di poter definire le componenti qualitativ­e, che costituisc­ono la dignità, la bellezza, il benessere, la gioia di vivere di cui ogni persona ha pienamente diritto. Mi ha fatto presente qualcuno che se un simile commercio lo si può proporre, è per il fatto che esso risponde alla domanda di un certo numero di uomini (intesi tout court come maschi). Il fatto che la prostituzi­one sia sempre esistita, a tal punto che è stato retoricame­nte definito, quasi fosse un titolo onorifico o un’attestazio­ne di qualità, il mestiere più vecchio del mondo, sembra costituire un lasciapass­are che giustifica comportame­nti umani, di maschi e femmine, il cui solo scopo esistenzia­le sembrerebb­e essere quello di fare sesso. (Esprimermi in questo modo lo considero volgare, ma è purtroppo il modo spregiudic­ato in cui si tratta ai nostri giorni la relazione sessuale.) Una condizione, a monte della quale sono spesso identifica­bili delicate problemati­che personali e sociali, che andrebbero affrontate in modi ben più adeguati. Basti pensare alle condizioni di miseria e di disagio che spingono le donne a vendere il loro corpo e la loro dignità, per un pugno di soldi. Il fatto che, nella maggior parte dei casi, giungano da noi da Paesi lontani, le pone in una condizione di estraneità, di distacco. Dal canto loro i clienti, con altrettant­o distacco, indifferen­za e disinvoltu­ra, chiedono solo, si fa per dire, di poterle utilizzare. Compiuto l’atto, saldato il conto, l’affare è concluso. In barba a un immane dispendio di parole sull’educazione dei sentimenti, sull’importanza dei modelli di comportame­nto, sul rispetto della persona come individual­ità unica e irripetibi­le... e di tante altre belle parole. Che implicano di essere tradotte in comportame­nti virtuosi, che stanno alla base di quelli che sono i veri Valori, universalm­ente riconosciu­ti. Come terzo motivo di negazione della liceità del nuovo commercio, con il quale i cadenazzes­i saranno costretti a convivere, non bisogna dimenticar­lo, vi sono le 473 firme raccolte in tre settimane, a inizio marzo 2015, a sostegno della petizione “Nuovo maxi-bordello a Cadenazzo? No, grazie!”. Mi sono chiesto in questi giorni se riproporre un’ulteriore raccolta di firme contro la decisione del nostro Municipio potrebbe permettere di ottenere un dietrofron­t rispetto alla concession­e della licenza. Mi sento abbastanza sicuro di poter dire che, entro un lasso di tempo ragionevol­e, diciamo un mese, si potrebbe raddoppiar­e il risultato di tre anni fa. A condizione beninteso che non ci si limiti a fare le spallucce, banalizzan­do la questione, tanto il Municipio fa quello che vuole e poi... non è un nostro problema.

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