Alla scoperta di una scoperta
Il m.a.x.museo inaugura domani la mostra storica dedicata agli scavi di Ercolano e Pompei
Realizzata in collaborazione con il Museo archeologico nazionale di Napoli, l’esposizione propone, oltre a una ventina di reperti, taccuini, litografie e incisioni in un percorso che illustra l’evoluzione, dal Settecento in avanti, della divulgazione delle scoperte archeologiche
Un viaggio nel passato di Ercolano e Pompei, per ritrovare non tanto l’Antichità di queste due città che il Vesuvio ha, paradossalmente, al contempo distrutto e preservato, ma la storia del loro riemergere, dalla terra e dall’ignoto, a inizio Settecento, con le iniziali scoperte casuali cui si sono sostituite ricerche via via sempre più metodiche e accurate. La mostra al m.a.x.museo di Chiasso è insomma una scoperta della scoperta, un racconto attraverso taccuini acquerellati, incisioni, litografie fino a fotografie e cartoline di quello che Ercolano e Pompei hanno rappresentato dalla seconda metà del Settecento, imponendo una nuova immagine dell’Antichità romana e, di riflesso, dell’identità europea: se prima era Roma, la “tappa archeologica” del famoso Grand Tour, l’imprescindibile viaggio formativo delle élite europee, dopo la scoperta delle due città è diventata Napoli. Un’importanza culturale ma anche politica, tanto che re Carlo di Borbone – del quale la mostra ospita un anello con una pietra preziosa rinvenuta a Pompei e da lui lasciato alla città – intuisce subito il valore dei ritrovamenti e istituisce una sorta di “monopolio regale” non solo sui reperti, ma anche sulla loro divulgazione, portando quindi alla contrapposizione tra le “comunicazioni ufficiali”, curate in particolare dall’Accademia Ercolanese istituita nel 1755, e quelle di “natura privata”, per non dire clandestina.
L’originale e le sue rappresentazioni
‘Ercolano e Pompei: visioni di una scoperta’ – curata da Pietro Giovanni Guzzo, Maria Rosaria Esposito e Nicoletta
Ossanna Cavadini – è realizzata dal m.a.x.museo in collaborazione con il Museo archeologico nazionale di Napoli – le due istituzioni hanno recentemente siglato una convenzione – il che significa, per questa esposizione del ciclo sulla grafica storica, poter affiancare a incisioni e litografie anche alcuni reperti molto interessanti, come il già ricordato anello di re Carlo, al quale si sono aggiunti alcuni lacerti di affreschi, oggetti di uso quotidiano e un notevole bracciale serpentiforme d’oro. Oggetti affascinanti di per sé, che nella mostra permettono di confrontare l’originale con le sue rappresentazioni, comparando ad esempio un calderone del I secolo con il disegno preparatorio all’incisione e la matrice in rame. Ma ancora più interessante è seguire, nelle tre sale dell’esposizione, l’evoluzione del materiale grafico con cui venivano divulgate le scoperte nei due siti archeologici, dalle acqueforti di Giovanni Battista Piranesi ai taccuini illustrati come quello del “dilettante” inglese William Gell, fino alle prime fotografie degli scavi, con persino alcune cartoline storiche. L’esposizione evidenzia anche il contributo svizzero alla ricerca archeologica a Ercolano e Pompei, con nel Settecento il lavoro dell’ingegnere svittese Karl Jakob Weber e poi, a inizio Ottocento, quello dell’architetto luganese Pietro Bianchi, direttore alle fabbriche del Regno delle Due Sicilie a cui nel 1831 fu affidata anche la direzione degli scavi di Ercolano, Pompei e Paestum.
L’inaugurazione
L’esposizione sarà inaugurata domani, sabato 24 febbraio, alle 16.30, alla presenza, oltre che dei curatori e delle autorità, anche del direttore del Museo archeologico nazionale di Napoli Paolo Giulierini. Alle 18.30, dopo l’aperitivo offerto, è in programma nel Foyer del Cinema Teatro una conferenza pubblica di Pietro Giovanni Guzzo dedicata alle scoperte di Pompei. Info: