Applausi per l’Eldorado svizzero
Segue da pagina 21 (...) gli uomini destinati a essere sfruttati nell’agricoltura e le femmine nel florido mercato della prostituzione. Il documentario parla di lunghe file di maschi italiani davanti ai campi profughi per pagare poche lire la violenza sui corpi femminili. Anche Imhoof vede come unica soluzione un intervento del Papa, ponendo così il grande problema di questa migrazione, ben diversa da quella degli italiani che nel secondo dopoguerra sono arrivati in massa in Svizzera: là c’erano concetti di civiltà comuni, ora, qui, sono solo uno scontro di cultura, di religione, di civiltà. Questo ‘Eldorado’ ha solo il difetto di non alzare gli occhi per vedere dove inizia la Storia, si accontenta d’incontrare i migranti sopravvissuti al mare e sbarcati sulle coste italiane, ma che ne è di quelli fermi in Libia o rimandati in Libia, che sono in Libia o nel Paese da cui provengono, ormai da quasi tutti i Paesi dell’Africa mediterranea, dell’Africa orientale e dell’Africa occidentale? Questo è il grande tema da affrontare, ma questo è un film sulle storie ed emozioni di casa, su un’attualità intrisa di una memoria che non rinuncia a colorare di malinconia le cose che si chiamano vita... In Concorso sono passati ‘Museo’ del messicano Alonso Ruizpalacios e ‘Touch Me Not’ della rumena Adina Pintilie. Il primo è una fiction su un fatto di cronaca del 1985, quando nella notte di Natale sono state trafugate 140 opere archeologiche della cultura Maya, Mexica e Oaxaquena di incalcolabile valore culturale. Le opere furono poi ritrovate nella casa di un insospettabile che non le aveva rubate per venderle. Il regista immagina due giovani fuori corso all’università che decidono di rubare le opere archeologiche senza un pensiero preciso, forse senza la speranza di riuscirci. Il furto riesce e non sanno che fare dei reperti, tentano senza convinzione di venderli e alla fine li restituiscono, ma uno dei due, ingenuamente o meno, si fa catturare dalla polizia. Sul film pesa la mancanza di originalità sia nella regia che negli attori, resta una storia neppur ben patinata, che muore nella superficialità. A ‘Touch Me Not’ va il premio di essere stato il film più abbandonato dal pubblico in questa Berlinale. Adina Pintilie, tra fiction e documentario, rispolvera i vecchi film hardcore per pontificare su vari aspetti dell’avere una soddisfazione sessuale: Laura ama vedere gli uomini masturbarsi, o vecchi omosessuali che fanno lo spogliarello davanti a lei; un giovane handicappato ama essere raccolto da una donnona che tutto lo avvolge e lecca; e avanti così fino a un gruppo d’amore libero in cui ognuno dà sfogo alla propria perversione. Il senso di tutto questo? Bisogna cercarlo in qualche libro sulla liberazione sessuale degli anni 60. Tutto qui è noia e tristezza, perché banalizzare il sesso cancellando definitivamente la parola amore?