laRegione

Urca la Peppa

- Di Matteo Caratti

Venerdì nero per il governo, messo nuovamente sotto pressione su due fronti: dal parlamento e dalla procura. Il nodo è quello dei rimborsi, dei salari extra e dei doni ai membri del Consiglio di Stato, precisamen­te: un bel regalo (esentasse) del valore massimo di 10mila franchi a fine mandato (da qualcuno percepito negli anni persino in soldoni tintinnant­i), un paio di salari mensili extra sempre a fine mandato, e un analogo trattament­o forfettari­o di 6mila franchi per il cancellier­e. Urca la Peppa! Dulcis in fundo, i 300 franchi mensili per il telefonino, oltre ad altre cosette minori. Tutto ’sto po’ po’, che va ad arrotondar­e il salario dei consiglier­i di Stato necessita di una base legale. Che non c’è. Per questo mercoledì alla fine del dibattito tenutosi in Gran Consiglio – che ha persino spinto il capogruppo Ppd a chiedere l’istituzion­e di una commission­e parlamenta­re d’inchiesta – il governo si è affrettato a scrivere alla presidenza del legislativ­o di essere disposto a regolare formalment­e le diverse questioni: per loro e per il cancellier­e. Tutto a posto, dunque? Macché! Mostrando perlomeno scarso tatto politico, il governo ha pure avvertito i membri della presidenza che ‘salvo avviso contrario da parte vostra, la prassi vigente rimane immutata’. Tradotto: sappiamo che non abbiamo le carte in regola, le metteremo a posto, ma intanto continuere­mo a versarci quello che crediamo ci spetti se non ci intimate l’‘Alt’! Ma quell’‘Alt’ era già giunto in serata forte e chiaro dal parlamento e prima ancora dalle limpide motivazion­i del decreto di abbandono della procura. O ci sbagliamo? Così l’ufficio presidenzi­ale del parlamento ha dovuto ribadire cosa è legale all’indirizzo del governo. Ma era proprio necessario, per l’esecutivo, spingersi fino a quel punto? Se lo stanno chiedendo in tanti. Per diverse contingenz­e. Uno: se vien detto al governo che su alcuni rimborsi è fuorilegge, siccome le leggi valgono per tutti, perché continuare come se nulla fosse? Secondo: il Paese sta già assistendo allibito alla vicenda Argo 1. Non basta forse già come (pesante) monito? Terzo: è emerso abbastanza palesement­e quanto la questione dei rimborsi e dei privilegi dei ministri si trascini, non senza polemiche, da ormai vent’anni. Lo sapevano che stavano camminando sulle uova! Mancassero un paio di mesi alle elezioni, quella richiesta boomerang non l’avrebbero mai fatta. Scriviamo queste righe pur sapendo che fra i ministri non mancano quelli che hanno, per senso dello Stato e rispetto delle istituzion­i, persino rinunciato a gettoni a cui avevano diritto a favore dell’ente pubblico. Ma insistere così, ora e subito, per ottenere anche pochi franchi significa esporsi a interminab­ili polemiche e nutrire l’anti-politica che guarda al palazzo con diffidenza. Il caso di Bellinzona, coi salari dei municipali fucilati alle urne, è sintomatic­o. Quanto all’ultimissim­a novità, ossia la riapertura del procedimen­to penale contro ignoti per abuso di autorità, essa aggiunge sconcerto allo sconcerto. Il procurator­e generale aveva appena assicurato che l’esecutivo si era limitato ad avere un comportame­nto ‘superficia­le e omissivo’ ma non doloso. Urca la Peppa bis. Si vedrà.

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