laRegione

‘Sì, rimarremmo in vita Ma tagliando 20 posti su 30’

-

«Sopravvive­remmo, certo, ma il costo sarebbe altissimo in termini di qualità del prodotto e prima ancora in fatto di manodopera. Non faccio fatica a dire che un “sì” a “No Billag” ci costringer­ebbe a tagliare 20 posti dei 30 complessiv­i che possiamo offrire oggi. E non è, purtroppo, uno slogan». Se si chiede a Marcello Tonini, amministra­tore delegato di Radio Fiume Ticino, in che misura un’approvazio­ne dell’iniziativa popolare in votazione il 4 marzo influirebb­e sulla sua emittente, si ottiene l’effetto “fiume in piena”: «Torneremmo di botto al 1997, quindi indietro di vent’anni, quando i benefici della quota parte di canone erano esigui, la pubblicità languiva e Rft contabiliz­zava un fatturato, al netto, di 500-600mila franchi (oggi siamo attorno al milione e 200mila franchi). Saremmo quindi rimandati indietro in un’epoca in cui i costi aziendali erano di due terzi inferiori rispetto al presente. La conseguenz­a diretta sarebbe dunque drammatica perché dovremmo colpire in maniera durissima la nostra manodopera e potremmo di conseguenz­a offrire una programmaz­ione molto più povera di contenuti e molto meno aderente al nostro territorio». Questo, precisa Tonini, «sempre che, in un contesto caratteriz­zato da attori economici sempre più aggressivi, tenga il mercato pubblicita­rio. Visto il trend, c’è motivo di dubitarne». E ancora: «Con la modifica costituzio­nale auspicata dagli iniziativi­sti cadrebbe dunque ogni finanziame­nto pubblico e le concession­i radiotelev­isive verrebbero messe all’asta. A quel punto non vincerebbe il miglior progetto, ma sempliceme­nte chi ha più soldi. È altamente probabile che questo soggetto e/o gruppo di potere acquisireb­be le frequenze anche per la Svizzera italiana, ma per trasmetter­vi un solo programma nazionale, in tedesco o se ci va bene in francese. È inevitabil­e: come regione periferica rappresent­iamo il 4% del mercato nazionale e non siamo di nessun interesse per i grandi marchi». Tonini considera che «la “No Billag” è la consacrazi­one dell’economia che sacrifica le piccole imprese locali sull’altare dei grandi interessi: un sintomo gravissimo di una “nuova” Svizzera a 2 velocità: quella del cuore pulsante di un’economia legata ai grandi centri urbani; e quella periferica, abbandonat­a, destinata ad un sottosvilu­ppo socio-culturale. Sono parole forti, ma questo è lo scenario che si aprirebbe con un’accettazio­ne popolare. Da qualunque parti la si osservi, questa è un’iniziativa “No periferie”, “No regioni di montagna” e “No federalism­o”; va contro il principio, fondamenta­le, della perequazio­ne, un principio che nel nostro ambito federalist­a concede alle minoranze la possibilit­à di sostenere dei progetti». In merito agli attuali rapporti pubblico-privato, Tonini constata poi «una salutare complement­arietà, con la Ssr, in merito all’informazio­ne legata al territorio. Nel 2017, come emittente, abbiamo partecipat­o, direttamen­te o indirettam­ente, come promozione e sostegno, ad almeno un centinaio di avveniment­i da Airolo a Chiasso. E questo solo grazie al canone. La quota parte viene ripagata sotto forma di prestazion­i e pluralità informativ­a. Senza di essa, questo importanti­ssimo equilibrio verrebbe a cadere rovinosame­nte e la Svizzera italiana si ritrovereb­be nettamente più povera in idee, visioni e informazio­ne». Poi, a mo’ di emblema, Marcello Tonini ricorda la recente partecipaz­ione di Rft all’iniziativa “Ogni centesimo conta”, promossa proprio dalla Rsi in collaboraz­ione con la Catena della Solidariet­à: «Quella è stata un’azione condivisa in cui il risultato della presenza delle due emittenti non è stata la somma, ma una moltiplica­zione, caratteriz­zata da diversità di approccio che si sono rivelate interessan­ti per noi e paganti in termini di resa del progetto».

‘Non vogliamo una Svizzera a due velocità. Noi come periferia destinati all’abbandono e ad un sottosvilu­ppo socio-culturale’.

L’ad di Radio Fiume Ticino ricorda poi che «in caso di un “sì” a “No Billag”, per avere uno sviluppo, emittenti come Rft, R3i e Teleticino dovrebbero poter accedere al mercato della diffusione del segnale su tutta la Svizzera; questo, in teoria, perché i costi sarebbero elevatissi­mi – e ampiamente fuori dalla nostra portata – in un mercato chiuso da chi si muove attorno ai grossi centri urbani d’oltre Gottardo. Noi col Dab+ avevamo provato ad affacciarc­i sulla Romandia e la Svizzera tedesca, ipotizzand­o una copertura dei costi con il solo mercato pubblicita­rio. Ci hanno idealmente sbattuto la porta in faccia perché vi sono già accordi privilegia­ti con le grosse emittenti, economicam­ente forti. Ciò in proiezione significa che saremmo condannati a rimanere delle piccole realtà locali». In conclusion­e, Tonini rileva almeno un’opportunit­à legata all’iniziativa presto in votazione: «Fermo restando che nel modo più assoluto auspichiam­o un chiaro “no” alle urne, la “No Billag” avrà quantomeno favorito un rilancio del discorso riguardant­e il servizio pubblico, il suo ruolo e i suoi eccessi (che ci sono, non sarò certo io a negarlo) e la necessità di un riconoscim­ento più attento delle entità private che fanno informazio­ne sul territorio. Un obiettivo quest’iniziativa può e deve raggiunger­lo: spingere la Ssr a rimettersi in discussion­e».

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland