Un muro di pietre
Steso il Canada, il curling maschile è di bronzo. È la 150a medaglia svizzera nella storia dei Giochi olimpici invernali.
Sei. Sette. Tredici. Centocinquanta. La Svizzera della neve e del ghiaccio continua a dare i numeri, aggiornando al rialzo le statistiche del medagliere. Ieri ci ha pensato un quartetto di neanche trentenni (27-28 anni l’età media della squadra) ad aggiungere un’altra pepita alla spedizione elvetica in Corea. Con il bronzo conquistato con grande maestria contro i tutt’altro che sprovveduti canadesi, i lanciatori di pietre del Curling Club Ginevra hanno vinto la medaglia numero sei, in altrettante competizioni maggiori cui hanno partecipato (Europei, Mondiali e Olimpiadi). Il terzo posto di Peter de Cruz e compagni è la medaglia numero sette conquistata nel curling, da quando la disciplina fu reintrodotta ai Giochi a Nagano 1998 (una prima competizione ebbe luogo a Chamonix nel 1924). Ed è la numero tredici in Corea; ciò che, a due giorni dalla conclusione, fa di Pyeongchang 2018 perlomeno la terza edizione più ricca di sempre. La spedizione elvetica ha ancora alcune frecce al proprio arco (alcune si sono lanciate nella notte), che se andassero a segno, porterebbero il bottino a livello di Torino 2006 (5 ori, 4 argenti e 5 bronzi) o addirittura dell’anno record di Calgary 1988 (5 ori, 5 argenti e 5 bronzi). E, infine, il bronzo agguantato dopo la scoppola subita in semifinale dalla Svezia, è la medaglia numero centocinquanta per la Svizzera nella storia delle Olimpiadi invernali: quasi la metà (43%) vinte nello sci alpino, un terzo (31%) nel bob. I ginevrini chiudono in gloria un lungo torneo iniziato come peggio non potevano: con due sconfitte. «È stato come stare sulle montagne russe – ha commentato Valentin Tanner, infaticabile e solido con il ‘push broom’ (la scopa) – e perciò è ancora più bello concludere così». Con un exploit, perché questo è battere un Canada che, seppure con un’altra formazione, aveva vinto l’oro nelle ultime tre Olimpiadi e il cui skip Kevin Koe è doppio campione del mondo. Exploit anche per la giovane età degli svizzeri, in uno sport nel quale sovente a fare la differenza è l’esperienza. La medaglia premia una squadra che è un perfetto amalgama di quattro giocatori tanto diversi quanto complementari, ciò che ne fa la forza: lo skip Peter de Cruz, stratega e cervello del team; Benoît Schwarz, imperturbabile finitore; Claudio Pätz, il solo svizzero tedesco, molto rispettato e ascoltato; e il già citato Tanner. «Oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata probabilmente la nostra migliore prestazione della settimana – ha affermato il placido n. 4 Schwarz, già decisivo contro la Gran Bretagna, che ha risposto presente anche contro la compagine della foglia d’acero –. Abbiamo messo l’avversario sotto pressione dall’inizio, poi abbiamo controllato la partita». Per queste pietre di bronzo dai nervi d’acciaio si girerà presto una pagina, poiché Pätz lascerà le competizioni. Prima di pensare al futuro v’è comunque da festeggiare. Con un pensiero, forse, al barone Pierre De Coubertin, fondatore dei moderni Giochi per cui “L’importante non è vincere ma partecipare”. Se però si torna a casa con una di quelle medaglie che molti sognano, ma pochi prendono, c’è ancora più gusto.