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La sfida dei giovani pensanti

Confronto a coppie, ieri a Bellinzona, nella disputa dialettica che conduce a Berna. Per la finale Edizione 2018 de ‘La gioventù dibatte’. Quest’anno si è parlato di No Billag e di intelligen­za artificial­e. Un’esperienza che si rinnova.

- Di Aldo Bertagni

«Oggi la Ssr ha il monopolio della comunicazi­one e lascia poco spazio agli editori privati» butta lì Niccolò, liceo di Lugano 2. «Sarà, però intanto io difendo chi usa fonti sicure e autorevoli per fare informazio­ne, contro le fake news», gli ribatte Valerio, stesso liceo luganese, aria apparentem­ente trasognata e lucidità razionale da far invidia. La giuria ascolta attenta e prende appunti. È una mattina rigida, fuori il termometro segna meno 3, dentro – alla Biblioteca cantonale di Bellinzona – il clima si sta scaldando dopo l’inevitabil­e timido inizio. Sono appena le 9, c’è da tirare sino alle 17 quando arriverà anche Manuele Bertoli, presidente del Consiglio di Stato, a portare il saluto delle autorità; a salutare questi giovani un po’ marziani che hanno raccolto la sfida di Chino Sonzogni, responsabi­le del progetto Ticino de ‘La gioventù dibatte’, confronto a coppie per studenti della scuola superiore e delle medie. “La gioventù dibatte è uno strumento, tra altri, dell’educazione alla cittadinan­za, il cui scopo è quello di promuovere la pratica del dibattito fra i giovani e di stimolarli a partecipar­e alla vita democratic­a, perché, anche in Svizzera, la democrazia non cade dal cielo. La capacità di formulare una propria opinione e difenderla costituisc­e il fondamento per un’attiva partecipaz­ione nella società democratic­a odierna” si legge nel sito online dell’associazio­ne che promuove la fase eliminator­ia in tutta la Svizzera, con la finale a Berna. Si fa presto a dire “parliamone”. Si fa in fretta oggi, che tutti – ma proprio tutti – hanno la possibilit­à di esprimere in un battibalen­o ciò che passa per la testa. Basta una tastiera e siamo leoni. Preparati? Documentat­i? Affidabili? Chi può dirlo. Conta esserci, che per la verità è già qualcosa. Poi magari conterebbe anche verificare le fonti, come sostiene appunto Valerio, perché tendere all’oggettivit­à resta pur sempre un obiettivo di qualità. Ammesso e non concesso serva ancora a qualcosa la qualità, nel formarsi un’opinione. Loro ci provano. Per passione e per contratto, perché mandati dalla scuola. Ancora pochi, per la verità gli istituti medio superiori che rispondono all’appello. «Anche quest’anno constatiam­o una scarsa attenzione da parte di alcuni licei cantonali» dice Sonzogni nella breve pausa di riflession­e coi giurati. Perché c’è chi considera il dibattere, l’argomentar­e, una perdita di tempo, che poi questi ragazzi sono già così presi da un programma così fitto... È la litania di sempre, la coperta utile a tante circostanz­e. Poi magari sarà un caso ma chi passa da qui e magari arriva fra i primi – in coppia, perché non è una competizio­ne – si ritrova, guarda caso, ad affrontare l’università senza troppi patemi. Come Alessandra, oggi brillante studentess­a di Diritto a Lucerna e ieri a Bellinzona fra i banchi dei giurati, passata dall’altra parte della barricata come spesso capita nella vita. Quest’anno si parlava di ‘No Billag’, appunto, e di robot sul posto di lavoro (vanno tassati?). Si lamentano un po’ i giurati. «Il livello di preparazio­ne mi pare un po’ più basso degli altri anni» dice uno che ha seguito quasi tutte le edizioni. «A me, che sono qui per la prima volta, è parsa un’ottima palestra dove il confronto è di buon livello» precisa un altro, ricercator­e e docente. Hanno ragione entrambi. Chi “frequenta” questa gioventù da qualche anno si è ormai abituato al meglio, alle capacità di analisi, sintesi ed espression­e assai superiori alla media. La prima volta, invece, si resta stupiti anche perché condiziona­ti da pregiudizi e luoghi comuni che vogliono i giovani schiavi del futile. Poco impegnati. Poi magari, a mezza voce, c’è chi ricorda che «altrove vi sono intere praterie dove la demagogia può avere gioco facile» perché mancano gli strumenti, e magari anche il tempo, per distinguer­e il vero dal falso, l’utile dal superfluo. Poi, chissà, sopraggiun­gerà un tempo che deciderann­o solo loro, i robot – per dirla con Gioele – e noi magari staremo lì a guardarli, un po’ ebeti ma tanto felici...

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