La Banca nazionale tende a manipolare il tasso di cambio
Il tradizionale incontro di inizio anno con la stampa è anche l’occasione per uno sguardo non convenzionale sulle tendenze in atto a livello internazionale da parte di Antonio Foglia. ‘Macro-pensieri controcorrente’ era infatti intitolato il suo intervento che ha spaziato dal crescente peso dei big della network economy («veri e propri monopoli naturali di cui sembriamo felici», li ha definiti Foglia) alle opportunità d’investimento rappresentate dalle banche italiane (stiamo parlando appunto di pensieri ‘controcorrente’) fino alle tendenze manipolatorie dei tassi di cambio da parte della Banca nazionale svizzera e alle conseguenze impreviste del Quantitative easing della Bce. Iniziamo dai giganti del web come Amazon, Facebook e Google. Questi attori – spiega il banchiere Antonio Foglia – hanno sviluppato i protocolli vincenti nei nuovi servizi, ma non per forza i migliori. Storicamente i protocolli vincenti sono stati alla base di una tecnologia che è poi diventata di pubblico dominio permettendo la nascita di altre aziende e mercati. Insomma, la concorrenza ha dato i risultati migliori per uno sviluppo economico duraturo. Non sembra più essere così con i monopoli naturali del web che cercano il consenso dei poteri statali autoritari come in Cina. Per quanto riguarda i cambi, c’è il caso emblematico della Bns che – ha affermato Foglia – ha sempre dichiarato che il franco forte è causato dalla domanda estera alla ricerca di un porto sicuro. «Una tesi che non sta in piedi visto che anche con spread Btp-Bund decrescenti sono aumentati gli acquisti di valute estere da parte della Bns», afferma Foglia che individua anche nei tassi negativi la scarsa propensione degli investitori istituzionali svizzeri a rivolgersi verso altre valute. Se lo fanno, si proteggono dal rischio cambio acquistando franchi e alimentando la domanda di valuta svizzera. Di fatto, il surplus commerciale con l’estero (515 miliardi dal 2009 al 2016) è stato reinvestito dalla sola Bns (600 miliardi nello stesso periodo) e non dal settore privato. E le banche italiane? Più solide di quanto si pensi, tanto che al netto delle riserve i crediti non performanti sono quasi dimezzati (150 miliardi).