Apple dà le chiavi a Pechino
Pechino/New York – Per Xi non ho segreti: messaggi, email, foto, dati personali degli utenti cinesi custoditi nella “nuvola” di Apple tra pochi giorni potranno potenzialmente essere letti dal governo di Pechino senza chiedere l’autorizzazione agli Stati Uniti. Quasi a sottolineare l’investitura a vita del presidente Xi Jinping (con lo stralcio dalla Costituzione cinese del vincolo di due mandati presidenziali), l’azienda di Cupertino ha annunciato che domani “consegnerà le chiavi” d’accesso del servizio iCloud alle autorità della Repubblica Popolare, adeguandosi alla legislazione locale. Una “concessione” che mina la segretezza dei dati personali e la libertà di espressione di attivisti e associazioni che si occupano di diritti umani. Già qualche giorno fa, Apple ha informato gli utenti cinesi del cambiamento, spiegando che le leggi locali impongono che i servizi cloud offerti ai cittadini siano gestiti da società cinesi e che i dati vengano archiviati nel Paese. “Abbiamo sostenuto che il servizio iCloud non dovesse essere soggetto a queste leggi, ma alla fine non ci siamo riusciti”, ha ammesso Apple, sottolineando che i valori in cui crede non cambiano nelle diverse parti del mondo ma è obbligata a rispettare le disposizioni legislative di ciascun Paese. O quantomeno le proprie “necessità” di mercato. Nello specifico, i dati saranno trasferiti sui server della società Cloud Big Data Industry, fondata e finanziata a Guizhou nel 2014, che ha stretti legami con il governo e il Partito comunista cinese. Alcuni analisti della materia hanno avvertito che lo spostamento renderà i dati degli utenti cinesi più vulnerabili ad un governo che ha record di censura, repressione politica e restrizioni su Internet. Ma a un tale mercato chi rinuncia?