Cinque ore per fuggire da Ghuta
Putin ignora la risoluzione dell’Onu e propone una pausa quotidiana dei bombardamenti La tregua richiesta per l’enclave ribelle in Siria non è mai entrata in vigore, nonostante le ‘correzioni’ di Mosca
Beirut/Mosca – Cinque ore al giorno per tentare di fuggire dalla Ghuta orientale. Vladimir Putin ha preso in mano la situazione, annunciando che i bombardamenti sull’enclave siriana ribelle verranno quotidianamente sospesi per “pause umanitarie” durante le quali gli abitanti possono tentare di lasciare l’area sotto assedio. Il presidente russo ha così reso evidente in quale considerazione tenga la risoluzione approvata sabato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu per una tregua di 30 giorni in tutta la Siria (un lunghissimo elenco di eccezioni imposto dalla stessa Russia). Di fatto, i bombardamenti governativi, sostenuti dall’aviazione russa naturalmente, sono continuati senza curarsi della risoluzione. Sostituita infatti dal nuovo piano, che dovrebbe diventare operativo da oggi, come reso noto dal ministro della Difesa di Mosca, Serghiei Shoigu. Per il governo di Bashar al Assad anche gli insorti della Ghuta – membri di due fazioni islamiste e in misura minore qaidisti dell’ex Fronte al Nusra – sono terroristi che tengono in ostaggio i civili. Dunque, come l’Isis, sono bersagli legittimi dei bombardamenti. Vai poi a fare la differenza tra “terroristi” e civili dalla quota a cui volano i caccia. E infatti, molti temono che si tratti di un nuovo stratagemma per svuotare la regione ribelle da una popolazione ostile al regime, come avvenne ad Aleppo alla fine del 2016. La necessità di rendere immediatamente operativa la tregua totale è invece stata ribadita ieri dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che ha definito la Siria un “inferno sulla Terra”, e dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, che ha parlato di “mattatoio”. Un’altra ventina di civili, secondo fonti degli attivisti, sarebbero stati uccisi solo ieri dai raid governativi sulla Ghuta. Nell’Est del Paese altre 25 persone, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), hanno invece perso la vita in bombardamenti di aerei della Coalizione a guida Usa contro una sacca di territorio ancora in mano all’Isis. Mentre nella regione curda di Afrin, nel Nord-ovest, cinque civili sono morti sotto i colpi dell’artiglieria e i razzi dell’esercito turco, le cui forze speciali hanno varcato il confine, probabilmente in vista di un’offensiva contro le milizie dell’Ypg. Anche per la Turchia queste forze sono “terroriste” in quanto affiliate al Pkk. E per fugare ogni dubbio, il vicepremier Bekir Bozdag, ha chiarito che l’offensiva turca, non sarà fermata dalla tregua.