The End: dopo le molestie, la bancarotta
Per la Weinstein Company suona la campana della bancarotta: la società che faceva capo all’ex boss di Miramax, Harvey Weinstein, farà ricorso alla procedura del Chapter 11 per proteggersi dai creditori dopo che le trattative di vendita sono naufragate. «Ammettiamo che è un risultato infelice per i dipendenti, i creditori e le vittime, ma il consiglio di amministrazione non ha scelta», si legge in una nota. Il gruppo di investitori, guidato da Maria Contreras Sweet, ex capo della Small Business Administration sotto Barack Obama, e di cui faceva parte il miliardario dei supermercati Ron Burkle (amico di Bill Clinton e di Weinstein) aveva offerto 275 milioni di dollari per la società e di assumersi altri 275 milioni di debiti; ma il negoziato si è interrotto quando, due settimane fa, il procuratore generale dello stato di New York ha fatto causa a tutela delle donne che hanno accusato Weinstein. Weinstein, che ha prodotto film premio Oscar come ‘Shakespeare in Love’, ‘The Artist’ e ‘Il Discorso del Re’, ha negato di aver mai costretto ad atti sessuali le donne che lo hanno denunciato. Come parte dell’accordo, i potenziali acquirenti avevano promesso di raccogliere almeno 40 milioni da destinare a un fondo per risarcire le vittime, ma l’intervento del procuratore ha bloccato tutto. Ora, col ricorso al Chapter 11, verrà messo a punto un piano per pagare i creditori. «Speravamo di arrivare a un’intesa per salvare beni societari e posti di lavoro», si legge nel comunicato del board: «Oggi queste discussioni si sono chiuse e un ordinato processo di bancarotta è l’unica strada possibile per massimizzare quel che resta del valore della società». Il board ha anche diffuso una lettera inviata ieri alla Contreras e a Burkle in cui si scarica su di loro il fallimento dell’intesa accusando il gruppo di aver imposto nuove condizioni col rischio di aggiungere «molti mesi e oltre» alla ratifica dell’intesa. È da ottobre, da quando sono emerse le prime accuse contro Harvey, che la Weinstein cerca di evitare la bancarotta, inizialmente cercando un prestito da una società di private equity. Quando questi sforzi sono falliti, gli studi hanno venduto i diritti di distribuzione in Nordamerica di ‘Paddington 2’. ANSA/RED