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Il dibattito non fa che cominciare

Spazzata via l’iniziativa che voleva abolire il canone. Anche in Ticino, dove alla vigilia si temeva che il ‘sì’ potesse prevalere. I vertici della Ssr ora promettono risparmi e una maggior apertura ai privati. In Parlamento a Berna si riaccende il dibatt

- Di Stefano Guerra

La Ssr è salva. Ma il suo futuro è un grosso punto interrogat­ivo. Certo è che l’ente radiotelev­isivo sarà meno caro, più piccolo e meno ‘ingordo’ nei confronti dei privati. Se il 4 marzo 2018 verrà ricordato come «una data cruciale per la storia della Ssr» (il direttore Gilles Marchand), non è tanto per l’annunciato funerale alla No Billag (l’iniziativa è stata spazzata via dal 71,6% dei votanti e in tutti i cantoni, Ticino compreso), quanto per la promessa fatta da Marchand & Co. di ridimensio­nare l’azienda, ripensarne i contenuti, adeguarsi alle nuove modalità di fruizione dei prodotti mediatici e collaborar­e con gli altri media.

Segue dalla Prima La Ssr dimostra così la volontà di prendere sul serio le critiche che le sono state mosse durante questa lunga campagna di votazione (cfr. pag. 3). Per Doris Leuthard il pacchetto di risparmi «va nella giusta direzione» e «tiene conto del malessere nella popolazion­e». Anche la maggior parte dei partiti borghesi saluta favorevolm­ente le riforme annunciate da Marchand. L’Udc vorrebbe invece che la Ssr si spingesse più in là. L’esito del voto non si discosta molto dagli ultimi sondaggi, sebbene sia un po’ più netto del previsto. Gli argomenti dei sostenitor­i hanno goduto di ampia risonanza mediatica nella prima fase della campagna. Poi però da gennaio, con le indagini demoscopic­he che davano l’iniziativa in netta perdita di consensi, Udc, Giovani liberali radicali e Unione svizzera arti e mestieri (Usam) hanno perso gran parte del loro ‘appeal’ e tirato i remi in barca. Il verdetto – ha dichiarato ancora la ministra delle Comunicazi­oni – mostra che la popolazion­e vuole conservare a radio e tv il mandato di servizio pubblico, è pronta per questo a pagare e si augura di poter beneficiar­e in tutte le regioni di un’offerta di programmi diversific­ata e indipenden­te.

Canone e ‘service public’

Come ciò avverrà, è tutto da vedere. In effetti, nemmeno la discussion­e sull’ammontare del canone si è esaurita con il voto di ieri. Doris Leuthard ha ribadito: tra qualche anno potrebbe scendere attorno ai 300 franchi. Ma l’Udc morde il freno. Con due iniziative parlamenta­ri, depositate ancor prima del verdetto sulla ‘No Billag’: nella prima, la consiglier­a nazionale Natalie Rickli esige un abbassamen­to del canone a 300 franchi; la seconda, del deputato Gregor Rutz, domanda che le imprese siano esentate. Anche l’Usam insiste su questo punto. Non se ne parla, ha risposto indirettam­ente Doris Leuthard, ricordando che il popolo ha detto due volte (2015 e ieri) che anche le aziende sono assoggetta­te. Nonostante lo «schiaffo» (Leuthard) alla No Billag, a Berna il dibattito sul futuro della Ssr (che dal 2019 riceverà 1,2 miliardi dal canone, 40 milioni in meno di oggi) e, più in generale, del servizio pubblico mediatico non fa che cominciare. Nessuno infatti mette in discussion­e la necessità di una ridefinizi­one (in senso restrittiv­o per la destra e il centro, al contrario per Ps e Verdi) del perimetro e dei contenuti del ‘service public’ in quest’ambito.

La nuova legge...

Il dibattito si svolgerà non solo (cfr. articolo sotto), ma essenzialm­ente nel quadro dell’elaborazio­ne della futura legge sui media elettronic­i. La nuova normativa è destinata a sostituire l’attuale legge sulla radio e la television­e, che il Consiglio federale non ritiene più adeguata alla realtà del mondo dei media, caratteriz­zata in particolar­e dal forte sviluppo dell’offerta online. Il governo manderà in consultazi­one entro l’estate un avamproget­to di legge. Secondo Leuthard, la nuova legge potrebbe entrare in vigore nel 2021 e fungere da base per un sostegno finanziari­o a lungo termine non solo di Ssr, tv regionali e radio locali, ma anche dei media online e – magari – persino dell’Agenzia telegrafic­a svizzera (Ats). E non è escluso (ne ha riferito di recente il ‘Tages-Anzeiger’) che anche la stampa scritta possa approfitta­re di un sostegno finanziari­o diretto da parte della Confederaz­ione, opzione che è sempre stata considerat­a tabù.

... e la nuova concession­e

In consultazi­one c’è già la nuova concession­e Ssr. Sarà valida dal 2019. Prevede che l’ente pubblico radiotelev­isivo si differenzi maggiormen­te dalle offerte commercial­i. Con produzioni televisive proprie o trasmissio­ni con un legame più forte con la Svizzera, per esempio. La Ssr, poi, dovrà cooperare maggiormen­te con i privati. E destinare all’informazio­ne almeno la metà dei proventi del canone. L’attuale divieto di fare pubblicità alla radio e online resterà in vigore. Ieri la consiglier­a federale Doris Leuthard ha annunciato che sarà costituita una commission­e indipenden­te, incaricata di distribuir­e i mandati di prestazion­e e quindi anche la concession­e della Ssr. Il Consiglio federale, infine, vuole invece permettere alla Ssr e alle emittenti private titolari di una concession­e di trasmetter­e réclame in modo orientato in base alla categoria di pubblico. La possibilit­à sarebbe tuttavia soggetta a chiare limitazion­i. In consultazi­one la proposta ha sollevato una raffica di critiche. E la Ssr ieri ha fatto sapere per bocca del suo direttore Gilles Marchand che non proporrà pubblicità mirata a livello regionale, anche se in futuro questa dovesse essere consentita.

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