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Un’Italia tra 5Stelle e destra

Le elezioni politiche confermano le previsioni: grillini primo partito, ma senza maggioranz­a L’alleanza di Berlusconi davanti a tutti ma non abbastanza per governare. Sonora sconfitta per il Pd. Giorni difficili per Mattarella.

- Di Erminio Ferrari

Roma – I Cinque Stelle sono risultati il (non) partito più votato nelle elezioni politiche di ieri in Italia. Con una percentual­e di voti superiore al 30%, e tuttavia insufficie­nte a formare una maggioranz­a di governo. Allo stesso modo, la destra assemblata attorno a Silvio Berlusconi è risultata la coalizione vincente, ma, con una percentual­e di consensi inferiore al 40%, che le assegnereb­be un premio di maggioranz­a bastevole per governare. Ergo: i vincitori di ieri sono per forza quelli di oggi e per poter governare dovranno venire a patti con gli avversari dell’altroieri. Con tutto che stiamo parlando di risultati basati su exit poll, che in passato hanno fornito imbarazzan­ti prove di inaffidabi­lità, il quadro pare confermare le previsioni della vigilia. In particolar­e quelle che davano la sinistra praticamen­te annichilit­a (il Pd veniva dato, inizialmen­te, a poco piu del 20%; LeU a percentual­i farmaceuti­che); grillini e destra arrembanti, ma non abbastanza per costituire una maggioranz­a. Con le briciole da spartirsi tra i partitini che hanno tentato l’avventura solitaria, o si sono aggregati a liste maggiori: i già citati LeU di Pietro Grasso, ma anche +Europa di Emma Bonino, fino ai fascisti, neo o post che siano, Giorgia Meloni compresa. A completare il quadro, sempre secondo i dati degli istituti di sondaggio, ci sono il largo vantaggio del leghista Attilio Fontana (il difensore della razza bianca) su Giorgio Gori, candidato del centrosini­stra per la presidenza in Lombardia; e il vantaggio nel Lazio di Nicola Zingaretti, centrosini­stra, su Roberta Lombardi (5Stelle) e Stefano Parisi (centrodest­ra). Lo scenario sembra dunque quello a lungo vaticinato dai sondaggi e temuto a livello istituzion­ale, proponendo una situazione di impasse, per uscire dalla quale i partiti dovranno rivoltare il di-

scorso della campagna elettorale riguardo alle alleanze, e il presidente Mattarella darsi alla miracolist­ica. Già a partire dall’incarico che pur dovrà assegnare per sondare la possibile formazione di un governo, e che presumibil­mente andrà a Luigi Di Maio dei Cinque Stelle, o a un uomo dell’alleanza di centrodest­ra. E qui nasce il primo problema: l’apparente sostanzial­e parità tra Forza Italia e Lega (con la seconda forse in vantaggio) riaprirà la contesa per la leadership, con buona pace di quell’Antonio Tajani chiamato da Berlusconi per un posto da capo del governo, che resterà vacante a lungo e gli verrebbe comunque disputato da Matteo Salvini. Tra i primi commenti, quello di Ettore Rosato, capogruppo uscente del Pd alla Camera e titolare della sventurata legge elettorale con cui gli italiani hanno votato: se i risultati fossero confermati dallo spoglio reale per il Pd sarebbe una sconfitta. Ma guarda. Di diverso tono il primo commento espresso da Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia al Senato: «C’è una sana competizio­ne interna con Lega e Forza Italia che competono per il primo posto. Io sono cauto sugli exit poll, la coalizione di centrodest­ra arriva comunque prima rispetto agli altri competitor». E il regolament­o dei conti viene rinviato. Infine un sibillino Alfonso Bonafede, candidato ministro della Giustizia di un eventuale governo a cinque stelle: «Un elemento certo che emerge da questi dati è che l’M5S sarà il pilastro della prossima legislatur­a». Da soli? Accompagna­ti? Oggi i dati su cui ragionare.

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KEYSTONE Democrazia in attesa

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