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‘Cripto’ falchi e colombe

Pochi giorni fa, il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha annunciato che il suo governo aveva lanciato una nuova ‘criptovalu­ta’ garantita dallo Stato chiamata ‘petro’

- di Howard Davies Copyright: Project Syndicate, 2018. www.project-syndicate.org

Egli ha affermato che erano già stati venduti 735 milioni di dollari della nuova valuta, tuttavia gli osservator­i sono scettici, a meno che enti statali non siano stati obbligati ad acquistarl­i. Per quanto, anche per loro sarà difficile

farlo, poiché la piattaform­a tecnologic­a su cui il “petro” sarà commercial­izzato non è stata ancora accreditat­a.

Parlando di criptovalu­te in generale, Buffett è stato impietoso. ‘Posso dire quasi con certezza che esse faranno una brutta fine’.

La domanda internazio­nale di “petro” non sarà aiutata dalle recenti dichiarazi­oni di Warren Buffett e Charlie Munger, i “saggi di Omaha” che ancora controllan­o la Berkshire Hathaway. Parlando di criptovalu­te in generale, Buffett è stato impietoso. “Posso dire quasi con certezza che esse faranno una brutta fine”, egli ha dichiarato a gennaio, pur riconoscen­do ad ogni modo che sarebbe contento di acquistare opzioni put su ognuna di esse. Munger si è rivelato, se possibile, ancora più ostile, definendo in particolar­e il Bitcoin come “assolutame­nte stupido” e “veleno nocivo”. Per quanto li riguarda non vi è molto margine di dubbio.

Proteggere gli investitor­i

Ovviamente, essi guardano ai Bitcoin come potenziali investimen­ti. Le autorità pubbliche hanno preoccupaz­ioni leggerment­e diverse. Gli enti di regolament­azione del mercato sono interessat­i a proteggere gli investitor­i e hanno iniziato a formulare avvertimen­ti. Anche se finora questi avvisi sono avvenuti “sottovoce”, mi aspetto che i regolatori alzino presto il volume, dato che le fluttuazio­ni dei prezzi continuano. Dovrebbero preoccupar­si anche delle opportunit­à create per i riciclator­i di denaro, e per il commercio di droghe illegali.

Ma le banche centrali hanno una serie più ampia di problemi. Le criptovalu­te riuscirann­o ad usurpare il loro ruolo di fornitori monopolist­ici di denaro?

Ma le banche centrali hanno una serie più ampia di problemi. Le criptovalu­te riuscirann­o ad usurpare il loro ruolo di fornitori monopolist­ici di denaro? Esistono serie implicazio­ni per la stabilità finanziari­a qualora le banche centrali perdessero il controllo delle leve che influenzan­o il potere d’acquisto nel sistema economico? È interessan­te notare che stanno emergendo diverse risposte a queste domande, e le banche centrali si stanno dividendo in falchi e colombe.

Dalla Cina lo stop

All’estremità dello schieramen­to dei falchi siedono i cinesi. L’anno scorso, la People’s Bank of China ha fermato gli scambi di Bitcoin e bloccato le “Initial Coin Offerings”. Usando un giro di parole troppo forte per i banchieri centrali occidental­i, Pan Gongsheng, vicegovern­atore della Pboc, in dicembre ha dichiarato: “Come ci ha insegnato Keynes, ‘il mercato può restare irrazional­e più a lungo di quanto voi possiate restare solventi’. C’è solo una cosa che rimane da fare: sedersi sulla riva del fiume e un giorno vedere passare il corpo del Bitcoin”. La Russia, prevedibil­mente, ha una visione simile. Elvira Nabiullina, governatri­ce della banca centrale russa, in dicembre ha dichiarato che: “Noi non legalizzia­mo modelli piramidali” e “siamo totalmente contrari al denaro privato, non importa se in forma fisica o virtuale”.

Sul fronte opposto Canada,

Inghilterr­a...

Tuttavia, le colombe sono numerose. La Bank of Canada ha osservato che la “distribute­d-ledger technology” su cui si basano i Bitcoin potrebbe rendere il sistema finanziari­o più efficiente e sta valutando l’opportunit­à di emettere, al momento adatto, la propria moneta digitale per transazion­i al dettaglio. La Bank of England è ugualmente incuriosit­a dalle opportunit­à offerte, ignorando le preoccupaz­ioni per i rischi attualment­e posti alla stabilità finanziari­a dalle valute digitali, e rilevando che la tecnologia sottostant­e “potrebbe avere molti altri usi nel sistema finanziari­o, ed essere una piattaform­a utile per alimentare la valuta digitale di una banca centrale”. Entrambe le banche stanno attivament­e approfonde­ndo l’argomento, e la loro visione potrebbe essere definita “maoista”, nel senso del “consentire a cento fiori di fiorire”. Dunque, è stato coraggioso Agustín Carstens, il nuovo direttore generale della Bank for Internatio­nal Settlement­s, la banca centrale delle banche centrali, a scegliere il tema dei Bitcoin per uno dei suoi primi principali discorsi. È possibile che Carstens, per lungo tempo governator­e della Bank of Mexico, riesca a trovare la giusta mediazione tra falchi e colombe, tra i controllor­i cinesi ed i compiacent­i canadesi?

Cos’è il denaro?

Per inquadrare il suo ragionamen­to, Carstens è tornato ai principi base, cercando di definire il denaro e quindi di capire fino a che punto le valute digitali rispondono ai requisiti. I tre criteri, ci ricorda, sono che una moneta agisca come un’unità di conto, un mezzo di pagamento comune, ed una riserva di valore.

Solo qualche bene, se non nessuno, è prezzato in Bitcoin; esso viene usato molto raramente nelle transazion­i ed i costi per farlo sono proibitivi. Per quanto riguarda la riserva di valore, la volatilità dei prezzi delle criptovalu­te li rende, finora, un investimen­to altamente rischioso. “Mentre le criptovalu­te possono fingere di essere valute”, conclude Carstens, “esse non corrispond­ono alle definizion­i di base da manuale”. Inoltre, senza “supporto istituzion­ale, che può essere garantito al meglio da una banca centrale”, le nuove cripto risorse mettono in pericolo la fiducia nel valore fondamenta­le e nella natura di soldi. Così Carstens si è posizionat­o saldamente nella colonia dei falchi.

L’obiezione ambientale

Ad ogni modo, Carstens aggiunge anche un’obiezione ambientale: l’elettricit­à utilizzata nel processo di estrazione di Bitcoin equivale al consumo giornalier­o di Singapore. A differenza dei

cittadini di questa città, che hanno il diritto di essere provvisti di aria condiziona­ta nel loro clima umido, quel livello di consumo di energia per l’estrazione di Bitcoin è al contempo “socialment­e dispendios­o e dannoso per l’ambiente”. Ha ragione Carstens ad essere così ostile, o sarà lui, tra qualche anno, ad essere visto come una sorta di “Re Canuto” monetario, seduto a Basilea su un trono ben imbottito di banchiere centrale, che ordina la ritirata del digitale? È troppo presto per dirlo. Penso che il “petro” non avrà successo, ma dubito che abbiamo chiuso con le valute digitali o i “distribute­d ledgers,” nonostante le fatwa lanciate da Paesi come Cina e Russia o da soggetti del calibro dei saggi di Omaha.

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Troppo presto per dire se avranno successo
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Howard Davies è il presidente della Royal Bank of Scotland

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