‘Cripto’ falchi e colombe
Pochi giorni fa, il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha annunciato che il suo governo aveva lanciato una nuova ‘criptovaluta’ garantita dallo Stato chiamata ‘petro’
Egli ha affermato che erano già stati venduti 735 milioni di dollari della nuova valuta, tuttavia gli osservatori sono scettici, a meno che enti statali non siano stati obbligati ad acquistarli. Per quanto, anche per loro sarà difficile
farlo, poiché la piattaforma tecnologica su cui il “petro” sarà commercializzato non è stata ancora accreditata.
Parlando di criptovalute in generale, Buffett è stato impietoso. ‘Posso dire quasi con certezza che esse faranno una brutta fine’.
La domanda internazionale di “petro” non sarà aiutata dalle recenti dichiarazioni di Warren Buffett e Charlie Munger, i “saggi di Omaha” che ancora controllano la Berkshire Hathaway. Parlando di criptovalute in generale, Buffett è stato impietoso. “Posso dire quasi con certezza che esse faranno una brutta fine”, egli ha dichiarato a gennaio, pur riconoscendo ad ogni modo che sarebbe contento di acquistare opzioni put su ognuna di esse. Munger si è rivelato, se possibile, ancora più ostile, definendo in particolare il Bitcoin come “assolutamente stupido” e “veleno nocivo”. Per quanto li riguarda non vi è molto margine di dubbio.
Proteggere gli investitori
Ovviamente, essi guardano ai Bitcoin come potenziali investimenti. Le autorità pubbliche hanno preoccupazioni leggermente diverse. Gli enti di regolamentazione del mercato sono interessati a proteggere gli investitori e hanno iniziato a formulare avvertimenti. Anche se finora questi avvisi sono avvenuti “sottovoce”, mi aspetto che i regolatori alzino presto il volume, dato che le fluttuazioni dei prezzi continuano. Dovrebbero preoccuparsi anche delle opportunità create per i riciclatori di denaro, e per il commercio di droghe illegali.
Ma le banche centrali hanno una serie più ampia di problemi. Le criptovalute riusciranno ad usurpare il loro ruolo di fornitori monopolistici di denaro?
Ma le banche centrali hanno una serie più ampia di problemi. Le criptovalute riusciranno ad usurpare il loro ruolo di fornitori monopolistici di denaro? Esistono serie implicazioni per la stabilità finanziaria qualora le banche centrali perdessero il controllo delle leve che influenzano il potere d’acquisto nel sistema economico? È interessante notare che stanno emergendo diverse risposte a queste domande, e le banche centrali si stanno dividendo in falchi e colombe.
Dalla Cina lo stop
All’estremità dello schieramento dei falchi siedono i cinesi. L’anno scorso, la People’s Bank of China ha fermato gli scambi di Bitcoin e bloccato le “Initial Coin Offerings”. Usando un giro di parole troppo forte per i banchieri centrali occidentali, Pan Gongsheng, vicegovernatore della Pboc, in dicembre ha dichiarato: “Come ci ha insegnato Keynes, ‘il mercato può restare irrazionale più a lungo di quanto voi possiate restare solventi’. C’è solo una cosa che rimane da fare: sedersi sulla riva del fiume e un giorno vedere passare il corpo del Bitcoin”. La Russia, prevedibilmente, ha una visione simile. Elvira Nabiullina, governatrice della banca centrale russa, in dicembre ha dichiarato che: “Noi non legalizziamo modelli piramidali” e “siamo totalmente contrari al denaro privato, non importa se in forma fisica o virtuale”.
Sul fronte opposto Canada,
Inghilterra...
Tuttavia, le colombe sono numerose. La Bank of Canada ha osservato che la “distributed-ledger technology” su cui si basano i Bitcoin potrebbe rendere il sistema finanziario più efficiente e sta valutando l’opportunità di emettere, al momento adatto, la propria moneta digitale per transazioni al dettaglio. La Bank of England è ugualmente incuriosita dalle opportunità offerte, ignorando le preoccupazioni per i rischi attualmente posti alla stabilità finanziaria dalle valute digitali, e rilevando che la tecnologia sottostante “potrebbe avere molti altri usi nel sistema finanziario, ed essere una piattaforma utile per alimentare la valuta digitale di una banca centrale”. Entrambe le banche stanno attivamente approfondendo l’argomento, e la loro visione potrebbe essere definita “maoista”, nel senso del “consentire a cento fiori di fiorire”. Dunque, è stato coraggioso Agustín Carstens, il nuovo direttore generale della Bank for International Settlements, la banca centrale delle banche centrali, a scegliere il tema dei Bitcoin per uno dei suoi primi principali discorsi. È possibile che Carstens, per lungo tempo governatore della Bank of Mexico, riesca a trovare la giusta mediazione tra falchi e colombe, tra i controllori cinesi ed i compiacenti canadesi?
Cos’è il denaro?
Per inquadrare il suo ragionamento, Carstens è tornato ai principi base, cercando di definire il denaro e quindi di capire fino a che punto le valute digitali rispondono ai requisiti. I tre criteri, ci ricorda, sono che una moneta agisca come un’unità di conto, un mezzo di pagamento comune, ed una riserva di valore.
Solo qualche bene, se non nessuno, è prezzato in Bitcoin; esso viene usato molto raramente nelle transazioni ed i costi per farlo sono proibitivi. Per quanto riguarda la riserva di valore, la volatilità dei prezzi delle criptovalute li rende, finora, un investimento altamente rischioso. “Mentre le criptovalute possono fingere di essere valute”, conclude Carstens, “esse non corrispondono alle definizioni di base da manuale”. Inoltre, senza “supporto istituzionale, che può essere garantito al meglio da una banca centrale”, le nuove cripto risorse mettono in pericolo la fiducia nel valore fondamentale e nella natura di soldi. Così Carstens si è posizionato saldamente nella colonia dei falchi.
L’obiezione ambientale
Ad ogni modo, Carstens aggiunge anche un’obiezione ambientale: l’elettricità utilizzata nel processo di estrazione di Bitcoin equivale al consumo giornaliero di Singapore. A differenza dei
cittadini di questa città, che hanno il diritto di essere provvisti di aria condizionata nel loro clima umido, quel livello di consumo di energia per l’estrazione di Bitcoin è al contempo “socialmente dispendioso e dannoso per l’ambiente”. Ha ragione Carstens ad essere così ostile, o sarà lui, tra qualche anno, ad essere visto come una sorta di “Re Canuto” monetario, seduto a Basilea su un trono ben imbottito di banchiere centrale, che ordina la ritirata del digitale? È troppo presto per dirlo. Penso che il “petro” non avrà successo, ma dubito che abbiamo chiuso con le valute digitali o i “distributed ledgers,” nonostante le fatwa lanciate da Paesi come Cina e Russia o da soggetti del calibro dei saggi di Omaha.