Centoventi milioni ‘per il terreno e per indurre le Ffs a restare in Ticino’
Attorno alle Officine ruotano affetti, passioni e ideali. Non possiamo però limitarci ai sentimenti, trascurando l’importanza di garantire prospettive e posti di lavoro di qualità e ben remunerati a lungo termine.
Cosa si sente di dire a chi continua a dubitare delle reali intenzioni delle Ffs per le Officine? Possibile che dopo tutti i proclami non si sappia ancora dove sarà costruito il nuovo stabilimento?
La discussione è purtroppo stata condizionata da errori, anche gravi, di approccio e di comunicazione che le Ffs hanno commesso in passato. Adesso però c’è sul tavolo un elemento di novità importante che prima non c’era: la loro disponibilità a realizzare un nuovo stabilimento industriale all’avanguardia. Un progetto che è stato oggetto di approfondita discussione con il Cantone e con la Città di Bellinzona e sul quale le parti coinvolte hanno avuto tempo e modo di sviscerare i vari aspetti. Credo di poter dire che da parte di tutti gli attori coinvolti v’è oggi un impegno politico serio e non mi pare dunque che la disponibilità delle Ffs sia solo declamatoria senza seguito concreto.
La Città è pronta a sborsare 20 milioni di franchi per delle Officine ‘light’ e magari fuori dal proprio comprensorio: non è un controsenso? Se la spuntasse Bodio, quale nuova ubicazione, come giustificherebbe l’importate partecipazione finanziaria di Bellinzona?
Non sono d’accordo sul termine “light”: 200-230 posti di lavoro di qualità e ben remunerati non sono pochi e lo stabilimento non può certo essere definito di “poco peso”, a maggior ragione se l’attività è proiettata su un orizzonte di 30-40 anni. Ciò che è fondamentale per la nostra regione è che nei prossimi decenni sia ancora presente e operativo uno stabilimento industriale delle Ferrovie federali. Con quello attuale purtroppo non si può avere questa certezza a lungo termine, specialmente se vi dovessero essere anche dei cambi di proprietà, per esempio in Cargo. Tengo a sottolineare che né la Città né il Cantone sono proprietari di questo stabilimento e quindi dipendiamo da decisioni di altri. Con l’investimento importante previsto per le nuove Officine, e con l’impegno politico significativo di tutti gli interlocutori, c’è invece questa interessante prospettiva. Va comunque aggiunto che la Città metterebbe 20 milioni ottenendo quale contropartita, oltre alla garanzia del mantenimento di un importante impianto industriale nella regione, una porzione significativa di un sedime storico e centrale per Bellinzona, per il quale abbiamo anche dei progetti rilevanti per il futuro sviluppo della nostra regione.
Facendo un calcolo approssimativo risulta che per acquistare 60mila metri quadrati di terreno in centro a Bellinzona siano necessari circa 90 milioni. Cantone e Città sono pronti a metterne 120. È una cifra politica per convincere le Ffs a restare in Ticino? I cittadini non rischiano di pagare a caro prezzo questo incentivo?
È chiaro che con lo stanziamento di questo importo è perseguito anche un obiettivo politico: legare e impegnare le Ffs a mantenere uno stabilimento industriale importante nella nostra regione. Questa situazione appare simile a quella che si era presentata nel 1884, quando Città e Cantone offrirono gratuitamente alla Gotthardbahn il terreno dove adesso sorgono le Officine. Pagarono un importo in denaro consistente e il Comune concesse gratuitamente il prelievo dell’acqua dalla valle di Arbedo che sarebbe servita all’attività del nuovo stabilimento; tutto ciò per fare in modo che le Officine venissero realizzate a Bellinzona e non Oltregottardo. Certo, si potrebbe anche decidere di non spendere nulla, con il rischio poi però di ritrovarci tra dieci-quindici anni senza più comparto industriale. L’idea è comunque quella di investire per continuare ad avere delle Officine che abbiano un orizzonte di vita di lungo termine e, in conseguenza del primo obiettivo, poter disporre di una superficie su cui sviluppare progetti propri e avviare un discorso di politica industriale e urbanistica.
Pensando alle difficoltà che ci sono in tutto il Ticino, e non solo, ad attirare aziende davvero innovative, non sarà arduo creare un parco tecnologico a Bellinzona?
È normale che fino a quando il parco non sarà stato realizzato non si potranno avere aziende interessate a insediarsi. Se il progetto di nuove Officine dovesse andare in porto come speriamo ed auspichiamo, il parco vedrà la luce tra 7-8 anni. È solo a quel momento che potranno concretizzarsi insediamenti di nuove attività. È chiaro che un progetto di questo tipo richiede la collaborazione di molti enti e attori, in particolare anche di quelli preposti anche alla formazione e alla ricerca. Tramite il Cantone stiamo cercando di sviluppare idee e capire in che direzione andare.
Fra alcuni mesi la Città sarà chiamata a stanziare il credito per acquistare (in collaborazione con il Cantone) 45-60mila metri quadrati dell’attuale comparto delle Officine. Temete un referendum? Poiché la storia di Bellinzona è molto legata alle Ferrovie, come intendete affrontare un’eventuale votazione popolare?
Non temiamo nessun referendum, anche se è possibile che ci sia. Ciò che è fondamentale fare è spiegare l’importanza del progetto e proporre un discorso razionale. Capiamo che attorno alle Officine ruotino anche sentimenti, passioni e ideali che sono elementi rilevanti nella vita di una comunità. Allo stesso tempo però non possiamo trascurare il discorso, molto concreto, dei posti di lavoro e delle prospettive di sviluppo a lungo termine. Il nostro compito – indipendentemente da un eventuale referendum – sarà spiegare l’importanza di garantire a lungo termine posti di lavoro di qualità, ben remunerati e allo stesso tempo sviluppare un discorso di politica industriale e tecnologica in Città. Il mantenimento di un notevole impianto produttivo ferroviario nella nostra regione, anche se fuori dai confini giurisdizionali del nuovo Comune, risulterebbe coerente con la storia del nostro territorio. KAT