Solari: ‘C’era il muro contro muro. Bisognava abbatterlo’
La storia è fatta di uomini e donne. A volte è la determinazione e la pazienza (la saggezza) dei protagonisti a convogliare nella giusta direzione spinte contrastanti, più che l’evoluzione ‘naturale’ delle cose. Ne abbiamo la conferma parlando con Marco Solari che accetta, dopo qualche insistenza, di chinarsi sui retroscena dello sciopero: il ruolo attendista – ma risolutore – di Moritz Leuenberger e di chi ha lavorato dietro le quinte. Tanti nomi e aneddoti, alcuni già noti, altri no. Partiamo da lui. Classe 1944, una laurea in scienze sociali venuta buona in altre situazioni dove le contingenze l’hanno calato nel ruolo di diplomatico (ricorda l’incarico di delegato per le celebrazioni dei 700°); Solari rivive le intense emozioni dei mesi caldi del 2008. La narrazione – filata – inizia da un telefono che squillò ai tempi del suo ‘nuovo’ ruolo di presidente dell’Ente ticinese del turismo.
L’incontro con Pronzini: ‘Treni bloccati e alberghi senza turisti per Pasqua? Inaccettabile’.
Ci capita di interrompere il nostro interlocutore per capire meglio. «Ripeto. Ero a Francoforte, a un evento cui avevo preso parte con SvizzeraTurismo. Mi parlarono dei nuovi sviluppi dell’agitazione degli operai, della minaccia di una chiusura della linea del San Gottardo». Una telefonata che fece salire un brivido alla schiena del presidente dell’Ett a qualche giorno dalla Pasqua 2008: Ticino senza turisti? «Allora mi mobilitai e feci quello che ho sempre fatto, incontrare le persone». Fu così che il telefono squillò ancora, questa volta sorprese l’allora segretario Unia Matteo Pronzini. «Mi confermò che stavano pensando di fermare i treni. Così presi immediatamente l’aereo per Agno». L’incontro, il primo con quel Pronzini barricadero, avvenne la sera stessa, a Casoro, al caminetto di casa Solari. «Gli dissi che dovevamo trovare una strada per uscire, che avevo buoni contatti con le Ffs». La macchina si avviò, apparse la prima – timidissima – crepa in quel muro tra operai delle Officine e i ‘padroni’ delle Ffs. «Scoprii un ragazzo cortese, disponibile, ci fu reciproca simpatia». Solari offrì i suoi buoni uffici e l’indomani chiamò la direzione delle Ffs e Fra Roberto. Perché il Bigorio? «È un luogo di contemplazione e pace; mi piacciono questi posti». Undici ore di discussioni e il primo «miracolo»: l’avvicinamento, la volontà di incontrarsi, ancora. Da una parte c’era la direzione Ffs, dall’altra la dozzina di operai: «Si parlarono, senza alzarsi in piedi». Con l’estenuante incontro al Convento, arrivò la promessa di non bloccare i treni, si congelarono i tagli in risposta alle perdite della Cargo. Solari introduce qui un altro protagonista di quei 34 giorni di sciopero: il direttore generale. E parlando di Andreas Meyer, manager di scuola germanica (Meyer è invero nato a Basilea) che Solari si attribuisce il merito di mediatore culturale tra Nord e Sud. «Insistendo sul nostro attaccamento alle Ffs con la storia della Gotthardbahn, gli consigliai di esser più conciliante nella forma e sostanza. Se servì? Beh, ora l’italiano lo parla bene, molto bene».
Acqua santa e socialisti
Pasqua 2008, autentica passione. Solari si sofferma sul vescovo di allora Piergiacomo Grampa e sulla predica di conciliazione che volle tenere alle Officine. «Occorre riconoscere, nel suo invito a tendere la mano e a fare un passo, il primo tentativo di rompere la chiusura verso le Ffs. Anche se allora non piacque a tutti». Smessi temporaneamente i panni di pacere (poiché invitato a defilarsi da parte sindacale) una decina di giorni dopo Pasqua, quando le speranze tornarono ridotte a un lumicino, arrivò l’investimento del ruolo di mediatore, questa volta ufficialmente dal consigliere federale Moritz Leuenberger. «Mi disse ‘Rimetti il treno sui binari’». E Solari scattò di nuovo. Sfruttando l’amicizia tra la collaboratrice di Leuenberger Martina Buol e Marina Carobbio (subentrata a Franco Cavalli a Berna) giunse al padre Werner, e alla figura «chiave» di Renzo Ambrosetti, copresidente Unia. Solari parla di sfiancanti trasferte, mentre maturava la consapevolezza che «bisognava uscire dalla crisi». Accenna a intercessioni della sinistra ticinese, una fase a lui non del tutto chiara, confessa 10 anni dopo: contatti che portarono fino alla disponibilità di Leuenberger a presiedere un incontro nel quale si giocava il tutto per tutto, con l’annuncio della direzione Ffs di ritirare i piani di ristrutturazione. Ma neppure quel sabato a Berna filò tutto liscio. Ad esempio prima delle due ore di trattative, in marcia verso il Bernerhof, Solari (che si premurò di procurarsi una pianta di ulivo) invitò Leuenberger a ridurre il dispositivo di sicurezza. «Il ministro parlò col capo della polizia e in dieci minuti sparì tutto l’assetto antisommossa». Si termina con i «sorrisi degli operai al Bärenplatz»: finalmente una prospettiva per le Officine. Dopo un’ora con noi Solari ci saluta, non senza ammonimento pensando al futuro: «La resistenza a oltranza è un suicidio, sempre».