L’italiano aiuta a far di conto
Valutazione sulla matematica in 5a elementare: carenze dovute a incomprensione del testo Senza la padronanza della lingua, si fatica in tutte le materie, ma i bambini oggi non sono più abituati a parlare e denunciano gravi carenze
Per far di conto, serve conoscere la lingua. Perché dietro i numeri c’è un concetto. Che va letto e compreso. Sin dai primissimi passi scolastici, già alle scuole elementari dove in Canton Ticino è squillato l’allarme. Gli allievi di quinta elementare che faticano a risolvere i problemi di matematica dimostrano gravi lacune nella lettura e comprensione del testo scritto: lo dice una ricerca sulla valutazione didattica delle prove standardizzate di quinta elementare condotta dal Centro di competenze Didattica della matematica su mandato del Dipartimento educazione e cultura (Decs) e il Dfa della Supsi. Un’indagine su vasta scala che ha coinvolto tutte le quinte elementari del Cantone, come si informa in una nota diramata ieri. Dallo studio, si precisa, “emergono alcuni aspetti su cui è bene riflettere per poter adeguare al meglio le pratiche scolastiche”. E questo perché a prescindere dalle difficoltà legate agli aspetti specifici della matematica – chi non ha fatto fatica? – gli allievi “tendono a effettuare una lettura poco profonda dei testi di un problema”. Come dire, le due materie sono intimamente legate una all’altra. E questa è tutto sommato una “novità” didattica che rompe non pochi luoghi comuni, secondo i quali i due “pallini” non si incontrerebbero mai; chi ama l’italiano fatica in matematica e il contrario. Così non è. Anzi. Al punto che le carenze nella lingua si riflettono pesantemente anche sull’apprendimento delle materie “tecniche” e «negli ultimi tempi notiamo un impoverimento nel linguaggio dei ragazzi e ragazze, una scarsa abitudine a parlare» commenta a questo proposito Rezio Sisini, direttore della Sezione delle scuole comunali che fa capo al Decs. «Gli aspetti legati alla lingua, alle Elementari come alle Medie, sono ovviamente importantissimi per poter comprendere le varie consegne, orali o scritte. Tutto ciò – aggiunge Sisini – mette l’allievo nelle condizioni di poter svolgere il compito assegnatogli, piuttosto che rispondere correttamente o acquisire precise competenze». Sembrerebbe scontato, ma non lo è. Partendo da quanto sin qui detto, si devono considerare due livelli. «Il primo, più diretto, è naturalmente l’insegnamento della lingua italiana legato all’aspetto disciplinare. Poi vi è un secondo capitolo di competenza trasversale, così come definita nel ‘Piano di studio’, vale a dire imparare a leggere e capire una consegna, analizzarla e approfondirla anche dal punto di vista concettuale. D’altro canto – precisa ancora Sisini – ci deve essere l’attenzione del docente affinché la sua consegna venga capita». Che significa sì curare la formulazione dei problemi, utilizzando le parole più adatte, ma anche «accogliere gli allievi che faticano a comprendere la consegna e dunque dar loro una mano». Le lacune linguistiche segnalate dalla ricerca si riferiscono alla quinta elementare; questo dimostra una carenza didattica o possiamo parlare di cause più remote? «Per risponderle dobbiamo allargare il discorso, andando oltre il tema specifico della ricerca. In ogni caso constatiamo negli ultimi anni un peggioramento per quanto riguarda l’utilizzazione della lingua italiana, in questo caso solo parlata, con gli allievi della scuola dell’infanzia. Notiamo difficoltà, con un aumento di interventi logopedici» risponde Sisini.
«Si constatano un impoverimento del linguaggio e una mancata abitudine a parlare, come se in famiglia si parlasse sempre meno. Questa situazione, peraltro, è confermata anche da altri studi che affrontano questo problema da altre angolature». I bambini e le bambine ticinesi, dunque, meno socievoli e più silenziosi. Il che non aiuta ad apprendere l’espressione verbale e, in seconda battuta, tutto ciò che necessita di un’argomentazione, un contesto. Dall’interpretazione di un semplice problema matematico, alla composizione di un concetto. C’è materia per gli insegnanti, ma anche per i genitori.