Il veleno venuto dal freddo
Londra – Un’altra (ex) spia russa avvelenata nel Regno Unito. Serghei Skripal, 66 anni, resta in ospedale in terapia intensiva a Salisbury, dove domenica è stato trovato privo di sensi su una panchina insieme a sua figlia Yulia, giunta in visita dalla Russia pochi giorni prima e ora costretta come lui a lottare per sopravvivere. Il caso non può che evocare il precedente di Aleksandr Litvinenko, morto nel 2006 a Londra in seguito alla contaminazione radioattiva con una dose di polonio 210. E riporta a una situazione di allerta i rapporti tra Londra e Mosca. Se fosse provato un ruolo dei servizi russi nella vicenda, la reazione sarebbe “adeguata ed energica”, ha affermato il ministro degli Esteri Boris Johnson, prima ancora che dalle indagini emergesse un qualche elemento. Intervenendo ai Comuni, Johnson ha evocato possibili ulteriori sanzioni contro la cerchia più stretta di Vladimir Putin, un coinvolgimento della Nato, fino all’eventuale boicottaggio dei Mondiali di calcio di Russia 2018 (poi derubricato a forfait della delegazione governativa). Skripal, già colonnello dell’intelligence militare russa (Gru) vendutosi ai servizi di Sua Maestà oltre due decenni fa, quindi condannato in patria e infine inserito in uno scambio di spie con gli Usa nel 2010, si è sentito male a causa di una sostanza ancora ignota, forse ingerita con una porzione di kebab, o forse inalata. Gli esami tossicologici sono in corso, pare in una struttura militare. Ad alimentare i dubbi si prestano i tabloid con il consueto zelo patriottico: Skripal “temeva per la sua vita”, ha scritto il ‘Mirror’. Isterie russofobe, ha liquidato il tutto Mosca, negando di avere a che fare con quanto capitato a Skripal.