Trittico sulla lontananza
Con ‘Jemmy Button’ il Paravento ha aperto una serie dedicata alla tematica
A giugno, con ‘Piccoli passi’, una produzione in cui si incontrano bambini di epoche lontane. Chiuderà la serie ‘Winnipeg’, sulla barca di Neruda coi rifugiati della guerra di Spagna.
In un’epoca, come la nostra, contraddistinta da continui, incessanti spostamenti nel quotidiano, e da grandi migrazioni di massa, interrogarsi sulla lontananza è un esercizio quantomai necessario. Una necessità di cui la Compagnia Teatro Paravento di Locarno ha saputo fare virtù, visto che sul tema ha messo in cantiere una trilogia di grande interesse. Il primo tassello, che ha debuttato all’Oratorio di Minusio nell’ambito dei Minispettacoli, è “Jemmy Button”, ovvero la storia (autentica) di un ragazzo Yamana – popolo di scalatori e marinai eccelsi – che nel 1830 dalla Terra del Fuoco venne “traslocato” a forza, per un anno, in Inghilterra. L’obiettivo era “civilizzarlo” per consentirgli poi di tornare nel Sud del mondo e trasmettere questa civilizzazione alla sua tribù. Sul palco la vicenda viene narrata fra musica e divertimento. Il ragazzo è Amanda Rougier Appignani, mentre gli inglesi che ne accompagnano il maldestro tentativo di cambiamento sono Luisa Ferroni (capitano Fitz Roy) e Antiray Leiva Cornejo. Testo e regia sono di Miguel Angel Cienfuegos. Uno degli obiettivi della Compa-
gnia è coinvolgere le scuole. Informazioni allo 091 751 93 53 (o info@teatro-paravento.ch). Il secondo spettacolo della trilogia è invece intitolato “Piccoli passi” e andrà in scena per la prima volta nel mese di giugno. Racconta le vicende di un bimbo
spazzacamino d’inizio ’900 e di un coetaneo africano d’oggi, emigrato e senza genitori. Vicende che i due si raccontano vicendevolmente, scoprendo che la lontananza che li separa è in realtà una vicinanza che li accomuna. “Il Winnipeg” è infine il titolo della terza e ultima produzione
di questo trittico che la Compagnia Teatro Paravento dedica al tema della lontananza. “Winnipeg” è il battello con cui Pablo Neruda portò in Cile migliaia di rifugiati spagnoli dopo la guerra civile. Insomma, “poesia che attraversò l’Atlantico”.